Una domanda sorge quasi scontata davanti all’ondata di migranti che in queste ore stanno tentando di passare il confine tra Marocco e Spagna nell’enclave di Ceuta (e non serve il Centrodestra o la Lega per porla): se il Governo socialista di Pedro Sanchez ha schierato i militari – come già nel 2005 fece un suo predecessore come Zapatero – contro l’ingresso dei richiedenti asilo, perché l’Italia non fa lo stesso a Lampedusa e in Sicilia davanti all’avanzata dei barchini colmi di persone? La crisi migratoria è la medesima, il continente di approdo lo stesso (l’Europa) e medesimo quello di partenza (l’Africa): eppure da un lato i soldati spagnoli respingono quasi la metà dei migranti giunti a Ceuta (4.800 sugli 8mila già arrivati), mentre in Sicilia si prova a mettere in pratica la logica delle ripartizioni su scala europea.
Vero, ci sono diverse motivazioni alla base di queste due emergenze: nel caso spagnolo, vi sono in corso guerre diplomatiche con il Marocco sul controllo di un’area del Sahara (con Madrid che accusa Rabat di aver apposta allentato i controlli per ripicca sull’appoggio conferito da Sanchez a Brahim Ghali, leader del Fronte Polisario per l’indipendenza del Sahara Occidentale), ma questo non elimina il punto della questione, ovvero la diversa modalità di trattare il tema immigrazione nei due vicini Stati latini.
ALLARME IMMIGRAZIONE IN EUROPA: LE DIFFERENZE TRA ITALIA E SPAGNA
Ebbene, la risposta è nei trattati che la Spagna ha sottoscritto con il Marocco oltre che nella prevedibile ma pur sempre valida differenza tra un confine di terra e un altro di mare: nel 1992 – ricorda il focus del Corriere della Sera – il Governo Gonzales (socialista) la Spagna ha sottoscritto un patto con il Governo Basri che prevede come i migranti entrati in Spagna provenienti dal Marocco «possano essere rispediti indietro entro un tempo massimo di dieci giorni». In diverse occasioni e epoche diverse, i Governi Zapatero, Rajoy e ora anche Sanchez hanno imbastito forti respingimenti anche con l’uso di militari per rispettare tale patto. Diverse organizzazioni umanitarie hanno sollevato non poche polemiche sulla legge vigente, ma la Corte Costituzionale di Madrid ha confermato lo scorso novembre 2020 la legittimità delle espulsioni “a caldo”.
Per l’Italia tale accordo con la Libia manca (mentre ad esempio lo abbiamo concordato con la Tunisia, ndr) e inoltre rispedire via terra delle persone è un conto, farlo via mare nel Mediterraneo è ovviamente completamente un altro conto. Il “Memorandum Minniti” ha provato nel 2017 a normare meglio il passaggio dell’immigrazione senza però poter inserire l’elemento dei respingimenti, in quanto l’Unione Europea ritiene i porti libici non sicuri perché non rispettano pienamente i trattamenti umanitari. Lo Stato italiano foraggia così la Guardia Costiera libica per “pattugliare” le coste, ma non vi sono leggi obbligatorie che impongono alle forze dell’ordine in Sicilia di riportare rifugiati e migranti nuovamente sul suolo africano.