Aprono i due centri migranti in Albania: saranno operativi dalla prossima settimana. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il cui auspicio resta quello di non aver bisogno di portare migranti lì. Ne ha parlato durante il suo intervento alla Festa dell’ottimismo organizzata dal Foglio a Firenze. Il titolare del Viminale ha precisato che l’attività dei due centri albanesi è inevitabilmente legata alla situazione nel Mar Mediterraneo e ai trafficanti. Il ministro ha anche chiarito che non è prevista alcuna cerimonia di apertura, ma si recherà sul posto per un sopralluogo.



Non ci sarà alcun taglio di filo spinato“, anche perché non ci sarà alcun filo spinato a delimitare le strutture, che sono simili a quelle realizzate in Italia, quindi sono predisposte per il contenimento leggero. “Non sono Cpr anche se una parte è dedicato al trattenimento e all’espulsione“.



Piantedosi ha aggiunto che in questi centri sarà possibile chiedere la protezione internazionale e ottenere una risposta nel giro di pochi giorni. Un aspetto di non poco conto per il ministro, che infatti ha sottolineato l’importanza della rapidità dei tempi di risposta del sistema, per l’assimilabilità delle domande o l’espulsione, in quanto questo può essere “sicuramente un fattore di deterrenza“.

CENTRI MIGRANTI ALBANIA UN CASO: COSA SUCCEDE

Stando a quanto riportato da Avvenire, in questa prima fase verranno portati circa 400 migranti nei centri che apriranno in Albania la settimana prossima, quella dell’avvio. Ma quei centri potrebbero essere bloccati prima dell’apertura dalla Corte di giustizia europea. Il protocollo Albania, come evidenziato da Repubblica, è inapplicabile dopo la sentenza che ne ha attaccato i presupposti: per i giudici del Lussemburgo, il Paese di provenienza dei migranti per essere giudicato sicuro deve esserlo ovunque nel suo territorio e per ogni tipo di persona, senza eccezioni. La definizione della Farnesina, che invece prevede eccezioni, è considerata illegittima dalla Corte di giustizia europea.



I due centri, uno a Shengjin (di prima accoglienza), l’altro a Gjader (di trattenimento ed espulsione), dovevano essere aperti a maggio, ma l’avvio è stato rimandato. Le perplessità riguardano anche i costi, perché la spesa prevista dal governo è di 653 milioni in un quinquennio.

Per l’esperto di politiche migratorie Matteo Villa dell’Ispi, ogni migrante rischia di costare il quadruplo, perché ritiene quasi impossibile che la procedura per l’analisi delle domande venga portata a termine nel giro di un mese, quindi i migranti, non potendo essere lasciati liberi in Albania, dovrebbero essere riportati in Italia, vanificando il sistema su cui si sono espressi positivamente altri governi, come quello britannico guidato da Keir Starmer.