La Commissione Europea ha destinato alla Polonia 114,5 milioni di euro (e 80 anche all’Ungheria) dal fondo di 6,4 miliardi destinato alla gestione delle frontiere: sanzioni contro la Bielorussia e fondi ai Paesi confinanti per provare a “risolvere” l’immane emergenza migranti in corso da 9 giorni presso il valico di Kuznice, sono queste le forze messe finora in campo dall’Unione Europea.
La situazione però è ben più grave e complessa e finora gli sforzi diplomatici del Vecchio Continente non hanno avuto granché risultati: la Russia di Putin al momento sembra essere la strada da battere maggiormente per provare a far desistere il regime di Lukashenko nel “pressare” i profughi alla frontiera con l’Europa. La Commissione, con il via libera in Parlamento e presso il Consiglio, ha aperto i cordoni della borsa per finanziare la gestione delle frontiere con un messaggio lanciato dal commissario Mamer che ha destato non poche polemiche nelle scorse ore.
CAOS MIGRANTI, LA POSIZIONE (NON CHIARA) DELL’UE
«La posizione della Commissione Europea è che i fondi Ue non debbano essere usato per costruire muri, il che non vuole dire che le barriere fisiche non devono essere costruite»: le parole del portavoce della Commissione Eric Mamer se da un lato hanno dato il senso dell’urgenza con la quale gli organi Ue cercano di intervenire sulla crisi Polonia-Bielorussia, dall’altro lasciano qualche perplessità circa il neanche tanto recondito messaggio. Sembra quasi che l’importante è non chiamare “muri” – come invece ha fatto Varsavia negli scorsi giorni annunciandone l’imminente costruzione al confine – le barriere che i Paesi di frontiera potranno/dovranno costruire per evitare altri casi come la Bielorussia; come se i “muri” non vadano bene, mentre fossati, barriere e altri tipi di costruzioni sono permessi con tanto di finanziamento europeo. Gli incidenti avvenuti ieri, con lancio di idranti e gas lacrimogeni dai soldati polacchi contro i profughi disperati dietro il filo spinato, sono destinati ad aumentare se non si trova al più presto una soluzione, come invocata ancora nelle scorse ore da Papa Francesco: «La storia in questi ultimi decenni ha dato segni di un ritorno al passato: i conflitti si riaccendono in diverse parti del mondo, nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana. In questi quaranta anni e in questo deserto, tuttavia ci sono stati segni di speranza che ci permettono di poter sognare di camminare insieme come un popolo nuovo verso un noi sempre più grande».