La Libia non è un porto sicuro, quindi facilitare la riconsegna dei migranti alle autorità di Tripoli è un crimine. A stabilirlo è una sentenza definitiva destinata a fare giurisprudenza. Infatti, avrà effetti su processi e indagini in corso, oltre che ricadute a livello politico. Infatti, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il comandante di un rimorchiatore italiano, “Asso 28“, che aveva soccorso 101 migranti per poi affidarli a una motovedetta libica. I giudici hanno bocciato il ricorso del comandante del rimorchiatore di servizio presso alcune piattaforme petrolifere, in quanto colpevole dei «reati di abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci, e di sbarco e abbandono arbitrario di persone», previsto dal Codice della navigazione. Peraltro, l’operazione di soccorso si sviluppo in maniera misteriosa, come evidenziato da Avvenire, la cui inchiesta giornalistica, condotta tramite informazioni raccolte tra diversi naviganti e comunicazioni radio registrate dalla nave del soccorso civile “Open Arms“, smascherò una pratica su cui ora la Cassazione pone una parola definitiva.



Nella sentenza si legge che l’imputato prestò immediato soccorso ai migranti, tra cui c’erano donne in gravidanza e minori di anni 14 anni, «omettendo di comunicare nella immediatezza, prima di iniziare le procedure di soccorso, ai centri di coordinamento e soccorso competenti, l’avvistamento e l’avvenuta presa in carico delle persone, agendo in violazione delle procedure previste per le operazioni di soccorso». Inoltre, non furono identificati i migranti né venivano prese informazioni su provenienza e nazionalità, condizioni di salute, se sottoporli a visita medica, se volevano chiedere asilo e se i minori erano accompagnati o soli. Il rimorchiatore, ricevendo indicazioni via radio da un funzionario mai identificato di un’azienda privata, rimasta sconosciuta alle indagini, e di cui il capitano non ha mai rivelato l’identità, non si diresse verso l’Italia, ma si mosse verso la Libia, dove «riconduceva i 101 naufraghi imbarcati, facendoli trasbordare su una motovedetta libica, procurando ad essi un danno grave, consistente nel loro respingimento collettivo, quale condotta vietata dalle convenzioni internazionali».



MIGRANTI, SENTENZA CASSAZIONE METTE IN DISCUSSIONE ACCORDI ITALIA?

Questa modalità operativa è quella che peraltro il governo Meloni vorrebbe imporre alle Ong, spesso sanzionate perché si rifiutano di cooperare con la guardia costiera della Libia. Ma per la Cassazione ciò vuol dire respingere illegalmente i migranti e costringerli a sbarcare in un porto non sicuro, visto l’alto rischio di essere «sottoposti a trattamenti inumani o degradanti nei centri di detenzione per stranieri». La “Asso 28” è un rimorchiatore della compagnia Augusta, di supporto alle piattaforme petrolifere al largo della Libia. Sulla vicenda intervenne l’Eni smentendo il suo coinvolgimento, ma confermando il soccorso.



L’operazione fu gestita «interamente dalla Guardia costiera libica che ha imposto al comandante dell’Asso 28 di riportare i migranti in Libia». Parole che hanno “incastrato” il capitano. Per aver eseguito quell’ordine, infatti, la Cassazione ha confermato la condanna, aprendo la strada così a una serie di ricorsi delle Ong, bloccate e multate quando disobbediscono alla Libia. Inoltre, secondo l’Avvenire, c’è il rischio di trascinare ai tribunali i governi che dal 2017 hanno rinnovato il Memorandum con la Libia e il “Piano Mattei” per la parte che riguarda Italia e Libia.