Per la gestione dei migranti, tema piuttosto controverso e criticato in questo periodo, l’Italia ha ricevuto in questi giorni una condanna da parte della CEDU, ovvero la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, di Strasburgo. A differenza di quanto, però, sarebbe facile pensare, la condanna non riguarda in alcun modo l’attuale gestione da parte del governo Meloni, quanto piuttosto fatti risalenti al 2017, quando al potere c’era il democratico Gentiloni.
Secondo la CEDU, infatti, l’Italia in quel periodo, precisamente nel maggio del 2017, quattro migranti minorenni furono detenuti per circa due mesi all’interno dell’hotspot di Taranto, riservato agli adulti. Violazione, questa, dei vincoli internazionali sulla gestione delle migrazioni che prevedono il collocamento dei minorenni in strutture a loro riservate, lontane dagli adulti. Il centro, peraltro, era “sovraffollato e in condizioni malsane“, come testimonierebbe alcune foto scattate dagli stessi migranti. Dal conto suo il governo giustifica questa violazione sottolineando che tra il 22 e il 26 maggio di quell’anno arrivarono in Italia 202 minori, un numero “particolarmente difficile da gestire” e che costrinse ad adoperarsi nelle modalità ora criticate dalla CEDU.
La posizione della CEDU sui migranti minori e la pena prevista per il governo
Insomma, secondo la CEDU la gestione dei quei quattro migranti violò le convenzioni internazionali, costringendo peraltro i giovani a vivere in condizioni degradanti e, quasi, disumane. La condanna prevista dalla corte europea, su richiesta del legale che segue i quattro minori, è ad un risarcimento pari a 6.500 euro per ognuno di loro quattro, più ulteriori 4mila euro per il pagamento dei costi legali.
La CEDU, in particolare, ritiene che l’Italia abbia violato tre convenzioni sui migranti. La prima riguarda l’articolo 3 che vieta tortura e trattamenti disumani, a causa delle “carenze alle condizioni materiali dell’hotspot di Taranto“, che ospitava 1.450 persone a fronte di un limite di 400 posti. Secondariamente, è stato violato anche l’articolo 5 che vieta la privazione delle libertà, dato che minori non furono lasciati liberi di uscire dalla struttura, a differenza degli adulti. Infine, la terza violazione contestata dalla CEDU riguarda l’articolo 13 della Convenzione sui migranti che regola l’accesso ad una tutela legale, dato che ai minori non venne data la possibilità di nominare un tutore o un avvocato.