La Francia reagisce all’attivismo italiano nel Nordafrica e invia una delegazione di aziende in Cirenaica per cercare di intercettare qualche appalto per la ricostruzione di Derna. Roma attualmente sembra in vantaggio su Parigi dal punto di vista dell’influenza che esercita in Paesi come la Libia e la Tunisia, e Macron difficilmente sosterrà le iniziative italiane, anche in termini di controllo dei flussi migratori.
Proprio da lì, spiega Mauro Indelicato, giornalista de Il Giornale e di InsideOver, dalle acque internazionali di fronte alle coste africane, arriveranno, tra l’altro, i migranti che verranno trasferiti nei centri in via di realizzazione da parte del governo italiano in Albania. Il piano di Giorgia Meloni è di spingere le persone a non partire per l’Italia, consapevoli del fatto che potrebbero essere portate prima nei centri italiani allestiti in Albania per verificare la loro posizione e valutare la possibilità di asilo. I nodi da sciogliere per il buon funzionamento del progetto, però, sono diversi: dalla logistica, per la necessità di trasportare le persone dalle acque libiche fino alle strutture albanesi, ai costi dell’operazione, agli eventuali e quasi certi ricorsi giudiziari relativi al trattamento dei migranti. Una serie di incognite che gettano qualche ombra sulla riuscita del piano.
Una delegazione di aziende francesi, compresi grossi calibri come Vinci e Sanofi, si è recata in Cirenaica per cercare di intercettare qualche appalto per la ricostruzione di Derna. La Francia fa concorrenza diretta all’Italia?
Stanno cercando di farci concorrenza perché l’Italia si sta muovendo molto. Il 2 giugno c’è stato un ricevimento al consolato italiano di Bengasi con la presenza del facente funzione della missione ONU in Libia, insomma con ospiti importanti. Nella cerimonia, il console ha annunciato che verranno ripristinati i collegamenti marittimi diretti fra l’Italia e l’Est della Libia. Vuol dire che i nostri rapporti con la Cirenaica sono abbastanza stretti. Siamo tra i pochissimi Paesi che hanno una rappresentanza diplomatica a Bengasi e ci stiamo muovendo molto anche per la ricostruzione di Derna dopo l’alluvione. La Francia, che fino a qualche tempo fa poteva vantare importanti rapporti con il generale Haftar, non vuole certamente stare alla finestra.
La Meloni vuole far diventare il Piano Mattei un progetto europeo. La Francia potrebbe seguirci o ci metterà i bastoni tra le ruote perché il progetto non è suo?
La Francia non ha interesse a offrire su un piatto d’argento un successo politico all’Italia, sia perché sulla Libia sono concorrenti, sia perché i rapporti personali Macron-Meloni non sono idilliaci: spesso sono entrati in forte contrasto. Non credo che la Francia seguirà il piano italiano. Forse non metterà i bastoni tra le ruote, ma farà i propri interessi. Di sicuro non metterà il cappello su un’idea italiana.
Potrebbe rovinarci i piani anche per il controllo dei flussi?
Lo ha già fatto. In occasione del braccio di ferro per il caso Ocean Viking, la nave che non era sbarcata in Italia e finita poi in Francia, Parigi aveva sospeso gli accordi con l’Italia per la redistribuzione dei migranti. I francesi potrebbero cercare di avanzare proposte non affini a quelle italiane o ostacolare le richieste di intervento dell’Italia all’Europa.
L’apertura dei centri per i migranti in Albania è legata alla Libia. Per evitare accuse di respingimenti illegali, le persone trasferite sul suolo albanese verranno intercettate nelle acque non europee davanti alla Libia e alla Tunisia. Quanto può servire questa iniziativa a risolvere il problema dei flussi e che difficoltà si possono incontrare ad attuarla?
Non ci sarà il problema del respingimento perché i migranti verranno presi direttamente in acque territoriali che non appartengono all’Europa e portati in Albania, ma ci saranno problemi innanzitutto logistici: dal mare libico o tunisino alle coste albanesi c’è una certa distanza, di sicuro superiore a quella con Lampedusa o con altri porti siciliani e del Sud. Occorrerà mettere in campo più mezzi e spendere molto di più per portare i migranti in Albania. Forse ci sarà a disposizione solo un mezzo, che non sempre potrà fare la spola dalle acque internazionali.
Quali altri problemi potrebbero sorgere?
I migranti non verranno presi in carico dall’Albania ma dall’Italia: i centri che verranno realizzati sono una specie di enclave italiana, gestiti da forze italiane. Bisognerà vedere la velocità con cui verranno esaminate le domande, come verranno distribuite le persone in Italia, con che tempi. Se si dovesse ripresentare una situazione di flussi straordinari come quella dello scorso anno, si rischierebbe di dover affrontare costi importanti, anche per il semplice trasporto delle persone dalla Libia all’Albania. La Meloni scommette sul principio di deterrenza: spera che, davanti alla possibilità di essere portati in Albania, i migranti non partano. Ma è tutto da verificare.
È un piano che va incontro anche alle esigenze dei libici? Andando a prendere i migranti li sgraviamo del lavoro?
Più interventi fa la marina italiana, meno ne fanno quella libica e tunisina. È l’unico aspetto positivo dal punto di vista umanitario. Per i migranti è meglio finire in un centro italiano che tornare in Libia: lì possono essere trasferiti in centri del governo con la supervisione internazionale, ma spesso finiscono anche in strutture gestite dai trafficanti, in cui non vengono rispettati i diritti umani.
L’attività italiana nel mare davanti a Libia e Tunisia potrebbe indurre i trafficanti a spostare le rotte partendo magari più dalla Cirenaica e dirigendosi non più in Italia ma in Grecia o altrove?
Potrebbe essere un’eventualità. I flussi migratori sono un fiume in piena: se si chiude o ridimensiona anche di poco un flusso, si apriranno falle da altre parti. Bisogna vedere se il piano italiano funzionerà.
Tra le criticità del piano potrebbe esserci la possibilità di una serie di ricorsi legali da parte dei migranti.
È facilmente prevedibile. Occorrerà vedere, ad esempio, se verranno rispettati i tempi per l’analisi delle domande. L’azzardo della Meloni è che, facendo sapere che partendo dalla Libia e dalla Tunisia non è detto che si arrivi direttamente in Italia, si ridimensionerà il flusso dei migranti. È l’unico aspetto che potrebbe funzionare. Per il resto ci saranno problemi logistici e giudiziari, che sorgeranno nel momento in cui non si saprà cosa fare delle persone trasferite nei centri in Albania.
Il premier albanese Edi Rama ha messo un po’ le mani avanti sul funzionamento dei centri che fanno parte dell’accordo con l’Italia. Non vuole responsabilità?
Rama è un politico astuto, sa scaricare le responsabilità su altri. Il suo discorso è chiaro: “Abbiamo teso una mano, ma il progetto è italiano”. Se andrà bene, il merito sarà anche suo, se andrà male, il demerito sarà solo italiano.
(Paolo Rossetti)
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