Solo al termine del Consiglio europeo di giovedì sapremo se la collaborazione tra Commissione europea e Governo italiano sarà stata davvero “buona”, proficua, come auspicato in un tweet della presidente Ursula von der Leyen. Nella sua comunicazione al Senato che precede l’appuntamento europeo, Giorgia Meloni ha sottolineato la necessità di un’azione coordinata sul tema migratorio.



Nel frattempo Ursula von der Leyen ha inviato ai 27 Stati membri una lettera di pre-Consiglio nella quale si sottolineano i progressi fatti e si pongono “4 aree per un’azione immediata: il rafforzamento dei confini esterni, procedure di frontiera e di rimpatrio rapide; affrontare il tema dei movimenti secondari e assicurare un’effettiva solidarietà; lavorare con i nostri partner per migliorare la gestione della migrazione”.



Ieri, però, Frontex ha riaperto il capitolo Cutro: intervenire spettava all’Italia, ha detto il presidente dell’Agenzia Hans Leijtens. Non è un buon viatico, alla vigilia di una riunione dei 27 nella quale l’Italia chiede collaborazione. “È  un modo per lavarsi le mani e attribuire la responsabilità del naufragio al nostro Paese” ci dice Mauro Indelicato, giornalista del Giornale e InsideOver che segue il dossier migratorio. “Nel sistema di allerta è emerso che Frontex non ha segnalato pericoli imminenti e questo ha influito sull’azione della Guardia costiera, quindi scaricare la colpa su Roma mi pare abbastanza irriguardoso”.



Partiamo dai numeri richiamati nella lettera della von der Leyen. Ricollocamenti: 524. Però ci sono a disposizione 480 milioni per espellere dall’Ue “circa 50mila persone”. Ci sono le premesse per un cambio di direzione?

Saranno i fatti concreti delle prossime settimane a stabilirlo. Di ricollocamenti e rimpatri si parla in modo molto esplicito già dal 2021. Siamo arrivati alle porte dell’estate del 2023, la quale si prevede drammatica sotto il profilo migratorio, nel frattempo ci sono state altre stragi in mare e ancora le buone intenzioni non si sono trasformate in fatti. L’unico cambio di direzione è rappresentato, leggendo le dichiarazioni degli ultimi mesi del capo dell’esecutivo comunitario, dalla volontà di affrontare con maggior interesse la tematica migratoria.

Come valuti le 4 aree elencate nella lettera in rapporto a quando stabilito nel Consiglio Ue del 9 febbraio?

I 27 Paesi dell’Ue sembrano d’accordo su un tema specifico: quello relativo ai rimpatri. Su questo fronte non sono emerse spaccature. E questo perché il rientro in patria degli irregolari viene visto come un viatico per evitare nuove partenze e per riformare il sistema di asilo. Resta da capire però come i più recenti intendimenti possano tradursi in azioni più concrete.

Domani dunque ci sarà Consiglio. Il criterio indicato dalla presidente è condivisibile in pieno: se agiamo insieme, si ottengono più traguardi. La realpolitik però impone una domanda: tali traguardi convengono a tutti coloro che domani siederanno allo stesso tavolo?

Se sui rimpatri c’è un comune accordo, sui ricollocamenti e su altri punti invece non c’è alcuna convergenza. La Francia teme di doversi accollare molti migranti sbarcati in Italia, circostanza che metterebbe Macron ancor più con le spalle al muro dopo il caso Ocean Viking e in una fase in cui il capo dell’Eliseo sta affrontando una grave crisi politica all’interno del suo Paese. Anche i governi di Visegrád non vedono di buon occhio i ricollocamenti. Inoltre ci sono spaccature relative alle Ong: Parigi e Berlino giudicano positivamente l’operato delle navi umanitarie, ma larghe fette del Ppe, l’Italia e altri governi invece vorrebbero l’approvazione dei codici di comportamento nei loro confronti. Sono temi che potrebbero far saltare il tavolo al termine del Consiglio.

Nella bulimia di documenti europei su questo tema continua a venir richiamato più volte il nuovo “Patto per le migrazioni e l’asilo”. Cosa dice?

Quel Patto, nel disegno attuale della Commissione, è visto come un obiettivo a medio termine. Von Der Leyen spera in un’approvazione entro la fine del suo mandato, quindi entro il prossimo anno. Ma se non si sciolgono nemmeno i nodi a breve termine, difficilmente il nuovo documento vedrà la luce.

Meloni in Senato ha detto che il piano Ue “pone per la prima volta il principio del coinvolgimento degli Stati di bandiera delle Ong nelle operazioni Sar”. Cosa significa?

Bruxelles ha chiamato in causa la responsabilità degli Stati di bandiera nelle operazioni delle navi Ong, un passo importante verso un possibile codice di comportamento. Ma, come detto prima, anche un possibile nodo difficile da dirimere. Per l’Italia sarebbe un successo politico e diplomatico, ma altri governi al contrario non vedono di buon occhio una scelta del genere.

Dal punto di vista mediatico le piazze per i diritti omogenitoriali hanno sostituito i migranti. I problemi che hanno dato luogo al naufragio di Cutro sono irrisolti.

La tragedia di Cutro ha suscitato una forte emozione, ma passata l’onda emotiva, poi tutto cade nel dimenticatoio. Vale così anche per altri temi. Forse però la sciagura potrebbe portare a regole più chiare sui salvataggi e a un maggior coinvolgimento di Frontex. Ad ogni modo, occorre dire che anche in passato dopo simili tragedie è cambiato poco o nulla. Anche dopo la sciagura di Lampedusa del 2013 nel Mediterraneo si è continuato a morire.

(Federico Ferraù)

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