“È la fine della separazione dei poteri”. Il giudizio è secco e non viene da Fratelli d’Italia, ma da un pezzo moderato della coalizione di centrodestra. A dire queste parole, riferendosi a fatti avvenuti prima ancora che scoppiasse l’apocalisse mediatica sulla decisione di un giudice catanese di stracciare il “decreto Cutro”, è stato Saverio Romano, coordinatore politico di Noi Moderati.



Le sue valutazioni si riferiscono al congresso di Area Moderata per la Giustizia tenuto a Palermo venerdì scorso al quale hanno preso parte Giuseppe Conte ed Elly Schlein.

“Non è stato sufficiente apprendere da Palamara del sistema di potere che presiedeva le promozioni e gli incarichi nella magistratura. Occorreva una presa di posizione chiara e netta che sgombrasse il campo da equivoci e dubbi” ha affermato Romano.



Tutto questo per dire come il clima di battaglia politica in magistratura non sia nato in queste ore a Catania. Eppure è una decisione di un giudice etneo a far esplodere la vicenda. Lei è Iolanda Apostolico, 59 anni, originaria di Cassino nel Lazio ma siciliana di adozione. In Sicilia è arrivata vent’anni fa ed ha messo radici. È lei il giudice ordinario che ha negato la richiesta di trattenimento di tre migranti avanzata dal questore di Ragusa in applicazione della procedura di frontiera semplificata contenuta nel decreto Cutro. La nuova norma stabilisce un fermo di 28 giorni per analizzare l’istanza di asilo quando ci siano dubbi su questa stessa istanza. Per essere liberi di circolare i migranti devono rilasciare una cauzione di quasi 5mila euro.



Per il giudice, a prescindere da tante altre valutazioni ad esempio sulla struttura fisica di un migrante che lo renderebbe “appetibile preda” dei cercatori d’oro, il decreto Cutro confligge con le norme europee e con i principi costituzionali. Di fatto con questo provvedimento disapplica una legge ritenendola illegittima senza alcun esame di costituzionalità. Il provvedimento è impugnabile e sarà impugnato, ma di fatto i migranti intanto sono liberi. E fra loro c’è anche un recidivo. Lui stesso ha ammesso di essere già stato espulso due anni fa e di essere tornato.

La bufera sulla Apostolico scoppia con attacchi da tutti i fronti, perfino la premier Meloni, prima di dire che non c’è alcuno scontro con la magistratura, si era detta “basita”. Il Giornale ha raccontato dei post di Apostolico a favore delle Ong, Repubblica risponde con un profilo del magistrato in base al quale “proprio non la si può definire toga rossa”.

E se la battaglia mediatica si consuma sui giornali politicamente schierati, quella reale deve ancora arrivare. La richiesta di “protezione” del magistrato avanzata al Csm riceve 13 firme dai giudici togati ma non quelle di Magistratura Indipendente. Anche i giudici si spaccano e stavolta succede proprio a Catania, la stessa procura dalla quale partirono le prime indagini sulle Ong condotte personalmente dall’allora procuratore Carmelo Zuccaro. Indagini che si infransero sul muro di gomma della politica internazionale e dell’impossibilità di ottenere riscontri alle ipotesi investigative oltre i confini italiani. E non solo fuori d’Europa, ma anche dentro il vecchio continente.

Portare a Catania, roccaforte politica della destra del centrodestra, lo scontro politico in magistratura non è operazione da poco per quell’area del Paese che non ha mai digerito l’archiviazione delle prima indagine su Salvini e le sue scelte di “difesa dei confini” durante il governo Conte 1.

Scelte per le quali l’ex ministro dell’Interno ed attuale vicepremier è sotto processo a Palermo, non a Catania. Un dettaglio non da poco che segna, in maniera evidente, la differenza di visione giuridica (e non soltanto) fra le due procure (quella di Palermo e quella di Catania). È a questa divergenza di vedute che, probabilmente, vanno ascritte le ultime decisioni. Uno scontro che, forse, è tutto interno alla magistratura prima di divenire “frontale” e politico nei confronti del Governo Meloni.

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