Il ritorno di Elly Schlein da qualche giorno di vacanza è coinciso con il riaccendersi delle polemiche tra maggioranza e opposizione. Il terreno di scontro è tornato quello della gestione migratoria, visto che il governo vuole dare una stretta alle regole imposte dall’esecutivo Conte 2. L’impennata di sbarchi ha riportato l’attenzione su Lampedusa e le altre località di accoglienza dove approdano, cariche di migranti, le navi della Marina italiana, quelle delle Ong e i barconi degli scafisti. Fortunatamente, dopo la strage di Cutro non si sono registrati altri episodi tragici nelle acque italiane. Che invece sono purtroppo avvenuti in quelle maltesi, ma in questi casi non si sono alzate voci scandalizzate, forse per non disturbare troppo il Parlamento europeo presieduto proprio da una maltese, Roberta Metsola.



La strategia del governo Meloni segue due direttrici. La prima è stata la nomina del prefetto Valerio Valenti come commissario straordinario dopo avere dichiarato, nei giorni scorsi, lo stato di emergenza per l’immigrazione: un provvedimento che dovrebbe garantire una gestione più snella dei centri di accoglienza con la possibilità di aprirne di nuovi. Valenti era già il capo del dipartimento del ministero dell’Interno per le libertà civili e l’immigrazione. La sua azione dovrà svolgersi in coordinamento con le Regioni. Ma i presidenti degli enti locali “rossi” (Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia) non hanno sottoscritto l’intesa.



Ai governatori del Pd si sono accodati i sindaci delle grandi città amministrate dal Pd: Gualtieri di Roma, Sala di Milano, Manfredi di Napoli, Lorusso di Torino, Nardella di Firenze e Lepore di Bologna. Questi primi cittadini se la sono presa, invece, con l’intenzione del governo di abolire la protezione speciale per i migranti. Qui è scoppiato un pandemonio quando Giorgia Meloni ha detto che non esistono norme europee che la impongano né la regolamentino, e quindi ogni Stato fa come crede. La Francia, per esempio, non prevede una protezione speciale. Altre nazioni Ue dispongono forme di “protezione complementare”, ma non sono Paesi di primo approdo come è l’Italia: a differenza che da noi, i flussi sono molto più controllati e i numeri ridotti.



In più, ieri è arrivato dal leader del Ppe Manfred Weber un netto endorsement alle scelte del Governo. Weber, che sta lavorando ad un’alleanza Ppe-Conservatori in vista della prossima legislatura europea, ha ringraziato le autorità italiane per i salvataggi che stanno facendo, ha detto che lo sforzo non può essere solo italiano ma europeo e che nella Commissione c’è un deficit di consapevolezza del ruolo italiano. E che Germania e Francia “devono aiutare”. Un’intervista, quella rilasciata al Corriere della Sera, improntata alla salvaguardia e al rispetto dei confini.

Il fatto è che la protezione speciale “all’italiana” è, come spesso accade in casa nostra, una pezza messa a tamponare una situazione critica: poiché non si riusciva a rimpatriare gli stranieri irregolari, è stato deciso di concedere loro questi permessi speciali di permanenza in attesa che qualcosa accadesse. Oltretutto, a sinistra dimenticano che il primo a proporli fu il governo Conte 1, con Matteo Salvini all’Interno, e dimenticano pure che appena varato il Conte 2 il Quirinale fece pressioni sul Viminale (ministro Lamorgese) affinché i decreti Salvini fossero modificati, come poi accadde. Dal 2020 la protezione speciale è diventata un permesso biennale che dà la possibilità di ottenere un permesso di lavoro. Il risultato però è stato un fallimento: in quattro anni appena il 6% dei permessi speciali sono stati trasformati in permessi lavorativi. Quindi sono sostanzialmente inutili. Il governo Meloni ha deciso altre strade per cercare di dare lavoro a chi arriva in Italia. Mossa improvvida? Può essere. Ma il sistema va comunque riformato.

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