La Turchia sta ricattando l’Europa, utilizzando argomentazioni attinte da situazioni di crisi umanitaria (migranti) o alla gestione delle risorse (gas e petrolio). A rivelare questo retroscena è stata la giornalista Milena Gabanelli in uno speciale che ha trovato pubblicazione sulle colonne del “Corriere della Sera”, al cui interno viene spiegato che il leader di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, punta a sfruttare le crisi umanitarie di Paesi come Afghanistan, Siria e Libia per incamerare denaro. “La sua linea è chiara – scrive Gabanelli –: dall’uso dei migranti all’influenza politico-militare, ogni mezzo è buono per diventare l’anello forte tra il mondo islamico e l’Europa”.
Spazio quindi ai dati numerici: la Turchia oggi è uno dei Paesi al mondo col più alto numero di rifugiati, oltre 5 milioni, su una popolazione di 80. Inoltre, dal 2016 ha deciso di “monetizzare l’emergenza – 6 miliardi e 700 milioni di euro incassati dall’Ue, più un altro mezzo miliardo in arrivo, purché i gommoni non sbarchino sulle isole greche – e di farne uno strumento di ricatto per acquisire peso internazionale. Il governo di Ankara, senza fornire dettagli, ha stimato in 40 miliardi di dollari gli aiuti necessari a gestire i dieci anni di crisi siriana. E ora che le emergenze si sono moltiplicate, la sua politica è diventata quella di esternalizzare il controllo delle frontiere europee”.
MILENA GABANELLI: “L’ORO SOTTOMARINO E LA POSIZIONE DELLA TURCHIA”
Inoltre, Milena Gabanelli, sul “Corriere della Sera”, ha evidenziato che la ritorsione sui migranti non funziona sul tavolo della guerra per le risorse di gas in quel pezzo di mare davanti a casa. Infatti, nei fondali del Mediterraneo orientale, dal 2010, sono stati scoperti enormi giacimenti di gas naturale. Alla corsa all’oro sottomarino “partecipano l’Egitto, la Grecia, Cipro, Israele, tutti Paesi che hanno rapporti poco amichevoli con Ankara e che, d’accordo con l’Europa, stanno progettando un gasdotto per tagliare fuori gli inaffidabili turchi”.
Come uscirne, si è domandato, Erdogan? Risposta: la Libia. “Nel 2015, quando un milione e 300 mila profughi siriani si muovono dalle coste turche per entrare in Europa, Erdogan li contiene ottenendo in cambio diverse concessioni, compresa una quota di visti più facili per i suoi cittadini”, rileva Gabanelli. Non solo: nel 2020 Ankara e Tripoli hanno sottoscritto un accordo esclusivo per il controllo delle coste della Tripolitania, per la difesa reciproca e per lo sfruttamento di gas e petrolio nel Mediterraneo centrale.