Migranti irregolari in Francia, l’uccisione di Lola riapre il dibattito
L’assassino della giovane Lola in Francia, probabilmente da parte di una ragazza algerina presente sul suolo senza un regolare permesso di soggiorno, ha rilanciato il dibattito sui rapporti franco-algerini e sulle immigrazioni. In tanti hanno chiesto la messa in discussione degli accordi del 1968 che danno alcuni privilegi agli algerini in Francia. Così, anche la questione dei visti è tornata in auge. L’ex ambasciatore francese in Algeria Xavier Driencourt ne ha parlato in un’intervista a Le Figaro, spiegando il motivo del rifiuto dell’Algeria di riprendere i propri cittadini.
L’ex ambasciatore ha affermato che “molti Paesi si rifiutano di riprendere i clandestini, il Marocco come l’Algeria, la Tunisia come il Mali, per diversi motivi”. Si tratterebbe di ragioni culturali: “Da un lato, ho sentito spesso ad Algeri un argomento piuttosto capzioso, brandito ufficialmente dai diplomatici algerini in riunioni di alto livello, secondo cui questi irregolari sono il “frutto di una certa occidentalizzazione“, della nostra “cattiva educazione”. Sarebbero stati in qualche modo “contaminati” dai nostri “cattivi costumi” e non vogliono riavere in Algeria questi cattivi sudditi”.
Migranti irregolari in Francia, “bisogna ridiscutere gli accordi”
L’ex ambasciatore Driencourt ha spiegato a Le Figaro che “d’altra parte, per tutti questi paesi, non solo per l’Algeria, questa emigrazione irregolare di giovani è anche una variabile di aggiustamento demografico per i Paesi in cui il 70% della popolazione ha meno di 30 anni! “. La Francia, secondo l’ambasciatore, voleva mettere in discussione gli accordi che danni privilegi agli algerini sul territorio: “Abbiamo provato più volte a rinegoziarli, l’ultima volta è stato nel 2011, e ogni volta gli accordi sono stati mantenuti e modificati a margine”.
Secondo Driencourt, potremmo davvero considerare che questi accordi del 1968 “sono davvero superati perché la politica e contesto economico è cambiato, e quindi porre fine a questo sistema. Dovremmo sederci a un tavolo con gli algerini e, in buona fede, rivedere l’intero sistema. Sarà difficile, perché richiede una forte volontà politica; questo provocherà una crisi diplomatica con l’Algeria. È un po’ come un’arma atomica nei nostri rapporti con Algeri”.