Vertice a Palazzo Chigi per modificare i decreti Salvini su sicurezza e immigrazione. Ma l’accordo finale non c’è: il Pd parla di “passi avanti” e di “intesa sul metodo”, M5s frena sui permessi umanitari, a voler cambiare radicalmente i provvedimenti sono Leu e Italia viva, e in mezzo, a cercare una mediazione, il premier Conte e il ministro dell’Interno Lamorgese.
Per l’attuale maggioranza, la modifica dei decreti voluti dal leader della Lega durante il governo Conte 1 è un punto irrinunciabile e si farà. Più difficile è trovare una via di mezzo tra l’abolizione delle misure salviniane, le aperture chieste dal Quirinale e il rischio che i nuovi provvedimenti siano percepiti dalla maggioranza dell’opinione pubblica come un cedimento nelle politiche migratorie. Il punto di Mauro Indelicato, direttore di InfoAgrigento.it e collaboratore de ilGiornale.it, dove scrive di politica estera e immigrazione.
Che cosa c’è nel dossier del governo?
Il piano proposto dal ministro Lamorgese aspira a smontare o quanto meno ridimensionare la linea sull’immigrazione voluta da Matteo Salvini. E questo rientra nell’ottica della “discontinuità” invocata ad agosto soprattutto dal Pd, al momento della formazione del nuovo esecutivo di Giuseppe Conte.
Su quali temi ha lavorato il ministro dell’Interno?
La Lamorgese aspira ad accontentare le istanze della maggioranza, soprattutto su temi quali i rapporti con le Ong, i permessi umanitari ed i diritti dei migranti che hanno rappresentato, e che rappresentano ancora oggi, le principali argomentazioni su cui si concentra lo scontro tra il centrosinistra e Salvini.
Quando Mattarella controfirmò il decreto sicurezza bis, espresse due pesanti riserve in una lettera inviata ai presidenti delle Camere e al premier Conte. Che accoglimento trovano le osservazioni del Capo dello Stato?
Un accoglimento di duplice natura. Da un lato tecnico, perché ad esempio sul ridimensionamento delle multe alle Ong o sull’inserimento di nuovi casi relativi ai permessi speciali, sono stati presi come riferimento proprio i rilievi arrivati dal Quirinale nei mesi scorsi. Dall’altro però anche politico, perché le osservazioni di Mattarella sono servite come “ombrello” a quella parte della maggioranza, che grossomodo corrisponde a M5s, restia in questi mesi a rivedere i decreti Salvini peraltro votati dagli stessi grillini tra il 2018 ed il 2019.
In altri termini?
Per il Movimento il sussistere di rilievi fatti osservare dal Quirinale è apparso come un modo per giustificare il preliminare via libera alle modifiche ai decreti sicurezza.
Cosa dovrebbe cambiare sui permessi di soggiorno?
Su questo tema per la verità non c’è stata quella rivoluzione attesa soprattutto dall’area più a sinistra del Pd. E nemmeno una “restaurazione” al periodo precedente all’entrata in vigore dei decreti sicurezza di Salvini. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare alla vigilia, il piano della Lamorgese non ha previsto la reintroduzione dei permessi umanitari, aboliti dall’ex ministro dell’Interno. Tuttavia, si è proceduto ad allargare la lista delle possibilità per ottenere la cosiddetta “protezione speciale”.
Con quali conseguenze?
Oltre alle categorie previste dal decreto di Salvini, potranno richiedere questo tipo di protezione anche le persone con disturbi psichici o coloro che sono vittime di tratta. Infine, la protezione speciale può essere accordata per favorire i ricongiungimenti dei nuclei familiari.
I richiedenti asilo potranno iscriversi all’anagrafe. Cosa comporta?
Vuol dire dargli la possibilità di accedere ai servizi derivanti dal diritto di residenza. Il decreto sicurezza ha proibito l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo, adesso secondo il nuovo piano proposto dalla Lamorgese questo divieto dovrebbe essere tolto.
Quali altre misure salviniane si pensa di abolire?
Si dovrebbe intervenire anche sull’iter per ottenere la cittadinanza. Fermo restando che per il momento i dibattiti su ius soli e ius culturae non dovrebbero riguardare le misure inerenti le modifiche sui decreti sicurezza, il piano della Lamorgese dovrebbe abolire buona parte delle norme volute da Salvini sull’iter burocratico, secondo le quali per ottenere la cittadinanza occorrono almeno 4 anni.
E invece?
L’attuale ministro vorrebbe reintrodurre un processo dalla durata massima di 24 mesi, da far terminare eventualmente anche con il silenzio assenso.
Il governo interverrà anche sulle Ong. Come?
In primo luogo saranno ridimensionate le multe contro le organizzazioni che non rispettano le norme. Si passerà dalle attuali sanzioni che arrivano anche ad 1 milione di euro a multe molto più ridotte, che andranno da un minimo di 10mila euro fino ad un massimo di 50mila euro. Inoltre dovrebbe essere abolita la confisca immediata del mezzo usato dalle Ong in caso di infrazione, così come previsto dall’attuale decreto sicurezza. Nel piano della Lamorgese, la confisca dovrebbe scattare solo in caso di reiterazione del reato.
Quale potrebbe essere, a tuo modo di vedere, l’effetto combinato della riforma dei decreti sicurezza, dell’incremento dei trasbordi da parte delle Ong e della nuova situazione libica?
Quest’ultimo elemento è quello che più preoccupa, perché nelle ultime settimane la Guardia costiera libica ha funzionato ad intermittenza, permettendo dunque un’impennata di partenze dalla Libia. Dovesse passare l’idea che l’Italia usi, da ora in poi, una mano più “morbida”, certamente le conseguenze potrebbero essere quelle di un ulteriore incremento degli approdi. Non a caso l’Italia ha aumentato nuovamente la sua attività diplomatica in Libia, proprio per prevenire in vista della primavera nuove e più preoccupanti impennate degli sbarchi.
È venuta meno la missione Sophia: con quali conseguenze?
Non se ne sentirà molto la mancanza. Sophia è stata fallimentare già dai primi mesi di operatività nel 2015, quando a marzo la missione cesserà ufficialmente di esistere cambierà o poco o nulla, visto che già contava poco o nulla.
E l’accordo trovato a Bruxelles per una nuova operazione per implementare l’embargo sulle armi alla Libia?
Ma lo stesso obiettivo di Sophia era quello di fermare i trafficanti e controllare l’embargo sulle armi in Libia: dal paese nordafricano i migranti continuano a partire e le armi continuano ad arrivare. Difficile pensare che l’Europa possa risolvere i problemi con una nuova operazione “fotocopia”.
La nostra politica migratoria è in mano a Erdogan?
Siamo sotto il suo ricatto, specialmente in ambito europeo. Se Bruxelles non dovesse erogare quanto pattuito con Ankara con gli accordi del 2016, allora Erdogan riaprirebbe le frontiere e permettere il passaggio di milioni di profughi siriani verso il nostro continente. È verosimile che qualcosa possa accadere anche dalla Libia verso l’Italia. D’altra parte è stata la stessa Europa a consegnare l’arma dei migranti nelle mani del presidente turco.
(Federico Ferraù)