PANETTA, BANKITALIA E I DATI (VERI) SUI MIGRANTI NEL WELFARE ITALIANO
Appena la scorsa settimana il Governatore di Bankitalia Fabio Panetta dal Meeting di Rimini aveva fatto titolare così i giornali di mezza Italia: «servono più migranti per il welfare italiano». Eppure gli stessi dati della Banca d’Italia – mostrati oggi da Camilla Conti su “La Verità – tenderebbero a smentire la “favola” secondo cui basterebbe aumentare il numero di immigrati per poter risolvere magicamente i problemi del lavoro, delle pensioni e del welfare in generale verso i prossimi decenni. In realtà, come spesso capita, già le stesse parole del Governatore Panetta andavano lette meglio per capire l’intento reale del successore di Visco: «è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne», così come «misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura».
Al contempo, indicava Panetta durante l’intervento al Meeting, una nuova apertura a maggiori migranti lavoratori «è da gestire in maniera coordinata all’interno dell’Unione Europa», in quanto occorre sempre tenere bene in equilibrio «ordine sociale e integrazione». Se dunque già il n.1 di Bankitalia ammoniva chi in maniera indistinta e indiscriminata punta ad aumentare l’immigrazione, quasi a renderla incontrollata, lasciando invece al coordinamento nazionale-europeo la spinta per una corretta apertura ai migranti lavoratori, ecco dunque alcuni dati che puntano a smentire la narrazione sul welfare trainato sempre e comunque meglio con più cittadini extra-italiani.
In primo luogo, come riportano le elaborazioni della Fondazione Leone Moressa sui dati Bankitalia, circa 8,3 miliardi di euro nel 2023 sono i fondi inviati dal nostro Paese verso i Paesi di origine dei vari lavoratori regolamento immigrati in Italia: Bangladesh, Pakistan, Filippine, Marocco, Georgia, Romania e India le nazioni con maggiori entrate dall’Italia per quanto riguarda la famosa “rimessa”, ovvero l’invio di denaro legale verso familiari residenti in Paesi di origine dei lavoratori migranti nel Bel Paese. Con le rimesse che ogni anno all’estero ammontano in totale a circa 9-11 miliardi di euro, di fatto i dati sul reddito che restano in Italia non supera i 64 miliardi annui, su un totale di 920 miliardi dai redditi dei lavoratori italiani.
I DATI DI BANKITALIA SMONTANO LA TESI “MIGRANTI TRASCINANO IL WELFARE”: ECCO COSA DICONO
In poche parole, non sono i migranti a pagare le pensioni agli italiani: al netto della frase sempre molto a limite di razzismo, proprio in termini reali e numerici tale scenario è escluso. I dati Bankitalia – mostrati oggi da “La Verità” – fanno ben intuire come spesso nella narrazione prevalente nella sinistra progressista non viene minimamente calcolata la ricchezza che torna all’estero sotto forma, lo ripetiamo legalissima e legittima, di rimesse.
In questo modo la capacità di contribuzione dei migranti giunti da noi e ora lavoratori a tutti gli effetti si ferma a 5,9% del totale sul versamento Irpef: da ultimo, occorre sempre ritenere che la maggior parte dei lavoratori regolari stranieri in Italia percepiscono un reddito medio lordo che supera di poco i 15mila euro. Con tali cifre, aggiunto al calcolo sulle rimesse e alla grande massa di debito publico di cui l’Italia soffre, è alquanto “bizzarro” continuare a sostenere che l’aiuto di arrivi in massa di nuovi immigrati possa realmente stabilizzare – se non addirittura trainare, secondo alcuni – il welfare del nostro Paese. E qui torniamo a bomba, ovvero a quanto lo stesso Governatore Panetta metteva ben in guardia al Meeting di Rimini 2024: «anche con più occupazione e più lavoratori stranieri il contributo del lavoro alla crescita sarà contenuto». Secondo il n.1 di Banca d’Italia non è dunque il peso dei migranti in più o in meno, ma è solo una maggiore produttività – intesa come incremento del prodotto lavorato – può assicurare «sviluppo e redditi elevati».