Cambia le legge sui migranti in Francia
Da tempo ormai in Francia e in gran parte dell’Europa sembra che non si parli d’altro che di migranti e di immigrazione, con un continente nuovamente stretto nella morsa dell’accoglienza, talvolta forzata. Una morsa che nell’ultimo anno si è stretta molto più che in passato, raggiungendo e superando l’impressionante cifra di 100 milioni di ingressi illegali nei paesi europei, secondo un recente rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, citato dal quotidiano francese Libération.
Ed è proprio in questo drammatico contesto sui migranti che, sotto forti pressioni dell’estrema destra rappresentata dal Ministro dell’Interno Gérald Darmanin, il governo francese ha deciso di rivedere le norme d’accoglienza. È stato presentato in questi giorni, durante l’Assemblea del governo, il nuovo disegno legge sull’immigrazione che rispolvera il vecchio meccanismo dello smistamento. A quanto riporta il quotidiano francese, infatti, d’ora in poi sarà possibile per i migranti ottenere più facilmente il permesso di soggiorno, a patto che siano i datori di lavoro a richiederlo, ma contestualmente sono previsti anche nuovi meccanismi d’espulsione che porteranno ad un aumento esponenziale degli “Obblighi di lasciare il territorio francese” (i cosiddetti OQTF, in francese Obligations de quitter le territoire français).
Min. Interno: “Vogliamo solo chi lavora”
Insomma, sembra che il nuovo disegno di legge sui migranti in Francia punti ad un nuovo tipo di accoglienza, principalmente per ragioni lavorative, accelerando o perfezionando il meccanismo dell’espulsione. “Vogliamo quelli che sgobbano, non quelli che rapinano”, ha spiegato il ministro sull radio pubblica France Info, sostenendo inoltre che i richiedenti asilo “saranno integrati se lavorano e parlano francese, espulsi se commettono un atto di delinquenza“.
La legge punterebbe ad integrare i migranti in quei lavori definiti dal disegno di legge “mestieri sotto tensione”, soggetti alla carenza cronica di manodopera. Contestualmente i nuovi permessi di soggiorno avranno la durata stabilita di un anno, che potrà essere rinnovato di volta in volta mantenendo il proprio lavoro, ma non saranno più permessi i ricongiungimenti familiari. “Se si integrano alla nazione e continuano a lavorare, potranno chiedere un titolo di soggiorno più lungo”, ha concluso il ministro. La proposta, ovviamente, avrebbe sollevato le perplessità di parecchie ong, mentre l’Assemblea non sembra aver preso ancora una decisione.