“Credo da tempo che impedire alle persone di viaggiare sia uno dei modi migliori per affrontare” il problema dell’immigrazione illegale. A parlare non è il capo di un piccolo partito di estrema destra che cerca di ottenere consensi a suon di retorica e demagogia, ma il primo ministro del Regno Unito, Keir Starmer, leader del Partito Laburista dal 2020, che ha stravinto le elezioni a luglio di quest’anno battendo il conservatore Rishi Sunak. Starmer ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in una visita a Roma per studiare l’approccio italiano al contenimento dell’immigrazione irregolare. Da una parte un laburista con un passato tra i giovani socialisti britannici. Dall’altro la leader del partito con la fiamma missina nel simbolo.
In particolare, il primo ministro britannico si è dimostrato interessato “ad esplorare soluzioni nuove” per la gestione dei migranti, come l’accordo tra Italia e Albania per la costruzione di hotspot sul territorio albanese. Starmer ha quindi lodato il “lavoro a monte svolto in alcuni dei Paesi da cui provengono le persone” che sembra aver portato a “delle riduzioni piuttosto drastiche” dei flussi migratori verso l’Italia. Convergenze inedite su un tema che, con diverse sfumature, è spesso stato appannaggio della destra, moderata ed estrema, di governo e di lotta.
È questa la mini-rivoluzione che sta lentamente ma inesorabilmente avvenendo nel dibattito pubblico nell’Unione Europea: le politiche di contrasto all’immigrazione illegale stanno diventando mainstream. Già due anni fa, in Svezia, la premier socialdemocratica uscente Magdalena Andersson cercò di vincere le elezioni per il rinnovo del Parlamento sulla base di un programma fortemente restrittivo in materia di immigrazione, condendo la propria campagna elettorale con frasi come “non vogliamo Chinatown, Somaliland o Little Italy in Svezia”. Elezioni poi vinte dai partiti di destra, veementi critici della gestione del fenomeno da parte dei socialdemocratici, giudicata troppo lassista.
Altro esempio è la Francia. La legge contro il “separatismo islamico” del 2021 non è stata varata dalla leader della destra radicale Marine Le Pen, finora sempre lontana dalle stanze dei bottoni, ma dal moderato Emmanuel Macron. A gennaio di quest’anno il presidente francese ha promulgato una legge così restrittiva in tema di immigrazione che il Consiglio Costituzionale ha dovuto stravolgerla, bocciando molti articoli, giudicati contrari alla Costituzione. Tra le proposte respinte, anche quella che prevedeva l’istituzione di quote migratorie triennali, con l’obiettivo di limitare il numero di ingressi in territorio francese.
In Germania si ripete il copione. Il cancelliere tedesco socialdemocratico Olaf Scholz ha appena sospeso per sei mesi Schengen, il trattato che garantisce la libera circolazione in Europa. Da lunedì 16 settembre le forze dell’ordine tedesche hanno ripristinato i controlli alle frontiere, con l’obiettivo dichiarato, secondo la ministra dell’Interno Nancy Faeser, “di combattere l’immigrazione illegale” e di “fermare i criminali e identificare e fermare gli estremisti islamici in anticipo”.
Folgorato sulla via di Damasco sembra adesso Starmer, in perfetta sintonia con Meloni sulla gestione del fenomeno. Il progressivo spostamento a destra dei partiti di sinistra sul tema dell’immigrazione è un trend consolidato in molti Paesi europei. Gli elettori però sembrano premiare la versione originale, aumentando i consensi ai partiti conservatori.
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