L’accordo siglato lunedì con il governo albanese di Edi Rama è un piccolo colpo di genio, sicuramente a livello propagandistico, ma – in prospettiva – anche un’idea concreta che potrebbe avere solidi basi future.

Giorgia Meloni ha spiazzato la concorrenza almeno su tre fronti, visto che intanto ha rilanciato l’immagine di un Governo che sul tema immigrazione giocava in difesa, subissato dalle critiche per le ondate di sbarchi a Lampedusa. Nell’immaginario collettivo l’idea di “dirottare” migranti prima che tocchino il suolo continentale potendo fare intanto un primo screening per le richieste di asilo politico è ottima, tenuto conto che questa motivazione è solo ufficiale, spesso a coprire una migrazione economica che, almeno in teoria, dovrebbe viaggiare su altri canali. Lo stop temporaneo in Albania garantisce più possibilità concrete di rimpatrio per chi non è in regola e quindi, di fatto, ridurrà il numero di richiedenti asilo a questo titolo.



In secondo luogo è un accordo che avvicina l’Albania all’Italia ma anche all’Europa e sullo sfondo crea le premesse per una progressiva, ulteriore integrazione del piccolo Stato balcanico nella Ue. Bruxelles si è trincerata con le frasi di rito (“Siamo stati informati di questo accordo, ma non abbiamo ancora ricevuto informazioni dettagliate: l’accordo operativo deve ancora essere tradotto in legge dall’Italia e ulteriormente implementato. È importante che qualsiasi accordo di questo tipo rispetti pienamente il diritto comunitario e internazionale”) di fatto abbozzando, non potendo opporsi all’idea.



In terzo luogo la Meloni ha spiazzato l’opposizione, che rosica ma non convince, visto che il Pd – ovviamente critico per dovere d’ufficio – è costretto a giudicare l’intesa “Un accordo che sembra configurarsi come un pericoloso pasticcio, parecchio ambiguo”.

Tacciono i centristi, ma i satelliti della Schlein come +Europa e Bonelli di “Alleanza Verdi e Sinistra” arrivando a sostenere che “Praticamente si sta creando una sorta di Guantanamo italiana” confermano che l’opposizione non percepisce più minimamente lo stato d’animo dei cittadini che – a torto o ragione – giudicano necessario un ben maggiore filtro agli ingressi.



Tutto bene, quindi? Calma, perché fin qui è tutta teoria, ma andranno poi inseriti molti tasselli visto che i centri decolleranno solo a primavera e quindi vanno ben organizzati.

Sicuramente l’accordo rafforza comunque l’asse Roma-Tirana con l’Italia che è da tempo il primo partner commerciale dell’Albania e che in futuro avrà sempre più bisogno di un suo sfogo adriatico. Non è certo un’impresa coloniale, ma un accenno a creare quella zona d’influenza italiana che da tempo era sparita dal Mediterraneo e che proprio in chiave immigrazione ha tutte le necessità di ricostituirsi.

Palazzo Chigi ha spiegato che la giurisdizione dei due centri sarà italiana, che i migranti sbarcheranno direttamente a Shengjin e l’Italia si occuperà delle procedure di identificazione realizzando un centro di prima accoglienza e screening mentre a Gjader realizzerà una struttura “modello CPR” per le successive procedure. L’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per la sicurezza e sorveglianza in un Paese che già vede un’importante presenza di forze dell’ordine e magistrati italiani.

“Se l’Italia chiama l’Albania c’è – ha sottolineato il premier Rama – sta a noi rispondere ‘Presente’ quando si tratta di dare una mano. Questa volta significa aiutare a gestire con un pizzico di respiro in più una situazione difficile per l’Italia. L’Albania non fa parte dell’Unione ma è uno Stato europeo, ci manca la U davanti, ma ciò non ci impedisce di essere e vedere il mondo come europei”.

Touché. Intanto – oltre all’operazione d’immagine – se i centri decolleranno potrebbero diventare prototipi per analoghi CPR in Libia e Tunisia, una soluzione finalmente strategica per filtrare il “fronte Sud”, non dimentichiamocelo.

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