Migranti, permessi di lavoro e… polemiche: potrebbe essere espressa in questi termini la notizia di queste ore, secondo cui il presidente del Consiglio, Mario Draghi, sarebbe in procinto di sottoscrivere il decreto sui flussi 2021, che sbloccherebbe l’immigrazione da lavoro in Italia. Stando a quanto riportano i colleghi del “Corriere della Sera”, il provvedimento prevede “81 mila fra nuovi ingressi e regolarizzazioni, a fronte dei 30.850 cui si era rimasti fermi da sei anni: è dunque una spinta innegabile per tirare fuori dal limbo i lavoratori stranieri e gli imprenditori italiani che ne richiedono l’opera a gran voce, specie a fronte del sostanziale fallimento della sanatoria varata nel 2020”.
Paolo Agnelli, presidente della Confederazione dell’industria manifatturiera italiana, ha dichiarato quanto segue: “Non ne bastano 81 mila, servono almeno 100 mila permessi. Sappiamo bene che in Italia non si trovano persone disponibili”. Tuttavia, in chiave politica non sono mancate le polemiche su questa scelta verso cui pare orientato Draghi. In particolare, “sarebbero 36mila gli ingressi per lavoro subordinato (la quota su cui sarebbe necessario, invece, un intervento più deciso): di questi, 27mila nei settori dell’autotrasporto, dell’edilizia, del turistico-alberghiero”.
MIGRANTI, PERMESSI DI LAVORO RADDOPPIATI: 45MILA INGRESSI STAGIONALI
Per quanto concerne l’argomento migranti e permessi di lavoro raddoppiati, il “Corriere” precisa che sarebbero invece 45mila gli ingressi stagionali, di cui 15 mila gestiti dalle organizzazioni datoriali, spiegando altresì che “per tenere la denominazione del 2021 il Dpcm, che va registrato in Corte dei Conti, dovrebbe essere pubblicato entro l’anno. L’ipotesi di alcuni era di varare due decreti flussi, di fatto per il 2021 e il 2022 a inizio del nuovo anno, contestualmente, con 70/80 mila ingressi ciascuno, producendo un effetto di sblocco assai più poderoso. Timori politici avrebbero indotto a una linea più conservativa, con un decreto flussi, il 2021, entro fine anno, ma anche con efficacia ridotta sul mercato del lavoro“.
In base a quanto sostengono i ricercatori Enrico Di Pasquale e Chiara Tronchin, della Fondazione Moressa, i bassi numeri dei decreti flussi non dipendevano da mancato fabbisogno di manodopera straniera: al contrario, “il ridotto impiego di flussi ha spinto verso l’utilizzo di altri canali di ingresso: cittadini comunitari, sbarchi, ricongiungimenti familiari, visti turistici. In linea di massima in Italia per lavorare si entra da clandestini o da turisti e ci si nasconde, in attesa che succeda qualcosa”.