Il caso Tunisia è in cima all’agenda del governo Meloni. Da settimane si susseguono riunioni a Palazzo Chigi con i ministri competenti e i vertici dei Servizi, anche con l’obiettivo di arrivare al Consiglio europeo di giovedì per convincere gli Stati membri ad accelerare il sostegno finanziario al Paese nordafricano che è in dissesto. È, infatti, sull’orlo della bancarotta che rischia tra l’altro di peggiorare la crisi migranti. Dunque, è una polveriera che rischia di esplodere all’improvviso. A questa missione stanno lavorando anche il vicepremier e ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, che ha in programma un colloquio telefonico con Antony Blinken, segretario di Stato Usa, per sciogliere il nodo dei fondi del Fondo monetario internazionale.



C’è infatti un prestito da 1,9 miliardi di dollari per sostenere la Tunisia, ma sospeso da Fmi. Ma sono bloccati anche i fondi Ue dopo la svolta autoritaria del presidente tunisino Kais Saied, che tra l’altro è vicino a Russia e Cina. Nel frattempo, il governo ha ottenuto da Josep Borrell, capo della diplomazia Ue, la disponibilità per un’azione europea in Tunisia. Stando a quanto riportato da Il Messaggero, si valuta una partnership operativa, cioè una nuova missione navale per contrastare i trafficanti, così come una talent partnership per aprire entro l’estate nuovi corridoi di immigrazione legale in Europa per chi vuole lavorare.



MIGRANTI & CRISI TUNISIA: MISSIONE ITALIA

L’obiettivo del ministro Antonio Tajani è di ottenere risposte concrete al vertice dei ministri degli Esteri. Inoltre, vuole rivendicare il lavoro della diplomazia italiana per sostenere il mercato del lavoro della Tunisia. Infatti, c’è una prima lista di richieste da parte di aziende italiane e la disponibilità ad inaugurare corsi di formazione professionale per 200 operatori tessili, 100 meccanici, altri 150 tra alberghiero, automotive e calzaturiero, più 300 infermieri. Ma è solo un piccolo contributo. Infatti, procedono a rilento i negoziati per salvare la Tunisia sul piano finanziario, anche per le stretta autoritaria del presidente Saied e le critiche della Banca mondiale per lo scioglimento del Parlamento tunisino, senza dimenticare il bavaglio alle opposizioni e le politiche anti-immigrazione razziste nei confronti dei subsahariani. Il vero nodo, però, resta la mancanza di garanzie di Saied sull’impegno dei fondi. Del resto, la Tunisia non è riuscita neppure ad approvare una legge finanziaria, quindi considerando le severe clausole di Fmi, sembra improbabile che riesca a rispettarle. Queste remore hanno spinto l’Ue a bloccare i fondi: avrebbe dovuto mandare 91 milioni di euro per finanziare la lotta ai trafficanti, la gestione dei confini e il rimpatrio forzato di migranti dall’Europa. L’Italia, invece, in base al memorandum d’intesa con la Tunisia prevede uno stanziamento di 200 milioni tra il 2021 e 2023, di cui 11 milioni per la cooperazione sulla migrazione.

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