È scontro tra Matteo Piantedosi e Luca Casarini sul tema dei migranti. Il Ministro dell’Interno, nelle scorse ore, al Parlamento, ha accusato la Ong dell’ex leader dei Disobbedienti di avere “incitato dei clandestini che erano a bordo di un gommone a lanciarsi in mare per interrompere le operazioni di salvataggio in atto da parte dell’unità libica, con ciò mettendo a repentaglio l’incolumità delle persone stesse”. I fatti, come riportato da Libero Quotidiano, risalgono al 4 aprile scorso e sono avvenuti nelle acque internazionali, non in quelle italiane.



Secondo la ricostruzione dell’esponente del Governo di Giorgia Meloni, molti dei migranti a bordo si sarebbero “gettati in acqua per essere poi nuovamente soccorsi in parte dalla motovedetta libica, in parte dal predetto gommone che li ha poi trasbordati sulla Mare Jonio”. È in questo contesto, “che risulterebbe che siano stati esplosi effettivamente alcuni colpi di avvertimento in aria, affinché le predette imbarcazioni private si allontanassero”.



La replica della Ong di Casarini a Piantedosi: “Ricostruzione falsa”

La replica della Ong di Luca Casarini all’intervento di Matteo Piantedosi in Parlamento relativo al salvataggio di migranti del 4 aprile scorso non è tardata ad arrivare. “È clamorosamente falso, denunciamo questa ricostruzione dei fatti”, ha affermato in una nota Mediterranea. Inoltre, ha pubblicato un video di quanto accaduto, in cui non è visibile alcuna motovedetta libica pronta a soccorrere i clandestini. In precedenza però ne era stato pubblicato un altro del momento degli spari. La questione insomma è tutta da chiarire.



Intanto la nave Mare Jonio è stata sottoposta a fermo e sanzionata per avere ostacolato l’operazione di soccorso delle competenti autorità libiche e messo “in gravissimo pericolo” la vita dei migranti. Mediterranea, da parte sua, attraverso il team legale, ha presentato un ricorso urgente al tribunale civile di Ragusa contro la sanzione da 10 mila euro e il fermo amministrativo. La verità di conseguenza verrà stabilita in un’aula giudiziaria.