Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non teme nuove ondate migratorie, anzi rivendica come siano state evitate già 8mila partenze verso l’Italia. Ne parla in una intervista a Il Messaggero dopo il viaggio in Libia nei giorni scorsi con la premier Giorgia Meloni. «Non credo che aumenteranno», ha dichiarato il titolare del Viminale in merito a un’eventuale nuova ondata di arrivi, nonostante Tripoli sostenga di essere a rischio “esplosione” con quasi 3 milioni di migranti sul suo territorio. Anzi, proprio in virtù di questa situazione complessa e delicata si sta collaborando con la Libia non solo per contenere le partenze, ma anche per fornire formazione e aiuti, anche sui rimpatri volontari assistiti.
Piantedosi ricorda anche che c’è una cabina di regia e un inviato che fa la spola tra Libia e Tunisia in un piano che prevede la proposta di alternative per riportare i migranti nei Paesi di origine e aiutarli a reinserirsi. «Nei primi sei mesi del 2024 sono stati quasi 8mila: 5.111 in Libia e 3.800 in Tunisia», sono i dati forniti da Piantedosi, secondo cui il calo degli sbarchi di migranti che c’è stato negli ultimi mesi è legato proprio a questo cambio di strategia. «Sono convinto che questo sia il vero salto di qualità», ha aggiunto il ministro dell’Interno.
DALL’ATTACCO DI SEA WATCH ALLE DELEGHE IN UE
Matteo Piantedosi si smarca invece dalla polemica con l’ong Sea Watch, che aveva augurato «tutto il peggio» a lui e alla premier Giorgia Meloni: non ha voluto replicare, non solo per cultura personale, ma anche in virtù dell’incarico che ricopre, riservandosi solo di dire che «toni di questo tipo qualificano chi li esprime».
Invece, il ministro affronta il tema delle deleghe dei nuovi Commissari europei, auspicando che l’Italia ottenga quella al Mediterraneo, anche perché sarebbe un riconoscimento del ruolo italiano e del lavoro svolto dal governo anche col Piano Mattei, non solo in chiave migranti, ma in ogni caso ritiene che l’Italia, a prescindere dalle scelte, avrà «un’assoluta centralità, per il semplice fatto che del Mediterraneo noi siamo il baricentro».
IL CASO CROWDSTRIKE: VITE TROPPO INTERCONNESSE?
In merito al caso Crowdstrike e al caos informatico, per Piantedosi è lo spunto per una riflessione profonda, perché il tema ora non è tanto legato alle prospettive che apre l’intelligenza artificiale, «ma se non serva intervenire sull’eccessiva interconnessione che domina le nostre vite», poiché quanto accaduto in questi giorni dimostra che è sufficiente anche un problema di aggiornamento per causare enormi disagi a livello internazionale.
Questo non vuol dire, però, per Piantedosi che c’è una forte interconnessione tra le infrastrutture, per cui bisognerebbe puntare su un sovranismo digitale: il ministro dell’Interno nell’intervista si limita a suggerire che si apra un dibattito «su quanto sia presente la tecnologia nella nostra vita e quanto questo possa finire con il rivelarsi drammatico in caso di errori ma anche in caso di attacchi».