Tempo fa (ben prima della tragedia di Cutro) scrissi un articolo nel quale proponevo una soluzione alla problematica delle immigrazioni, che si rifaceva all’epoca delle nostre emigrazioni verso “l’America”, dove milioni di disperati di un’Italia immersa nella povertà assoluta fuggirono verso il sogno americano che poi molti incontrarono e altri no. Non fu un fenomeno clandestino, né gestito da mafie criminali come l’attuale, ma regolato fin dal suo inizio da una procedura che potrebbe essere facilmente applicata al giorno d’oggi.



Se pensiamo che negli anni ’30 e ’40 non c’erano i mezzi di comunicazioni attuali (Internet non esisteva) ma solo intelligenza (non artificiale) e capacità di organizzazione veramente notevole, non si riesce a capire come mai al giorno d’oggi, con più grande facilità, questa esperienza non possa essere ripetuta.



Dove la pianificazione e l’organizzazione raggiunse i massimi livelli fu in Argentina, Paese che possiede un’estensione immensa ma che ancor oggi mantiene uno dei coefficienti di abitanti per km quadrato tra i più bassi del mondo: figuriamoci allora! Il tutto si risolse senza problemi insormontabili, con masse di immigranti che, arrivati al porto di Buenos Aires, venivano ricevuti in un hotel prospiciente la principale stazione ferroviaria di Buenos Aires dalla quale, dopo un breve soggiorno, partivano verso la loro destinazione finale.

E allora come mai al giorno d’oggi non si fa un semplice copia-incolla e si replica il fenomeno estendendolo al mondo intero e regolando una volta per tutte una situazione che ogni giorno si fa più tragica e promette sviluppi futuri, se non gestita intelligentemente, molto pericolosi per il nostro Paese?



Ricordo che poco tempo fa si diffuse una pubblicità di una famosa marca di biscotti e alimenti per neonati che mostrava la foto di una culla in un reparto nascite di un ospedale: l’unica occupata da un bambino, con una didascalia che recitava “Anno 2050. È nato Adamo. L’ultimo bambino d’Italia”. La cosa mi impressionò, perché la problematica della natalità nel nostro Paese, come quella dell’immigrazione clandestina e tante altre, è discussa mediaticamente e vista come una prospettiva veramente reale, ma senza mai mettere non dico in pratica ma per lo meno in marcia verso un progetto definito le soluzioni. Che potrebbero essere facilmente adottate anche copiando da quelle messe in atto da altri Paesi, per esempio la Francia, dove lo Stato aiuta in maniera notevole la natalità.

Da noi no: si preferisce puntare sull’ipocrisia invece di marciare verso soluzioni in una nazione che sta andando verso lo sfacelo totale: e allora via con le manifestazioni e le proteste contro un Governo ritenuto assassino per quanto accaduto a Cutro da un’opposizione che ormai non sa più proporre e addirittura smentisce se stessa. Perché nel 2015, nel mese di febbraio, quando al largo di Lampedusa, a causa del mare in tempesta, molte barche del traffico di esseri umani affondarono con un bilancio di oltre 300 morti, quasi non si mosse foglia e non si protestò a livello massivo… al potere c’era però un Governo targato Pd.

Quello che oggi viene proposto da chi negli ultimi 15 anni ha gestito vari Governi dove si sono verificate innumerevoli tragedie del mare (e anche in terra …) è in sostanza l’accoglimento dei profughi e la cittadinanza garantita, invece di regolare una volta per tutte il fenomeno e combattere le mafie (come d’altronde ha sottolineato anche papa Francesco in un suo recente discorso). No, secondo il falso progressismo radical-chic tutto deve continuare così e bisogna solo soccorrere dei disperati che pagano cifre pazzesche a criminali per intraprendere viaggi che spesso sono della morte.

Ma rifarsi all’esperienza Argentina no? A quanto pare non ci hanno pensato: ma per poterla effettuare occorre partire da subito anzitutto garantendo sia servizi sanitari che stipendi degni di questo nome. Visto che anche in questi due settori siamo allo sfascio iniziamo a cambiare anche perché una sanità e un mercato del lavoro finalmente degni, uniti a una legislazione che offra opportunità e vantaggi sul tema della natalità, consentirebbe un incremento non solo delle nascite ma renderebbe (o tornerebbe a rendere) anche l’Italia un Paese appetibile per i milioni di italiani che in questi anni sono dovuti emigrare, specie giovani che poi in molti casi hanno ottenuto successo in altre nazioni.

Quindi via al salario minimo garantito (Italia unico Paese Ue a non applicarlo) e una sanità degna di questo nome: allo stesso tempo si dia inizio a un piano di ricezione di stranieri copiando non solo l’esperienza argentina ma pure quella del Canada attraverso sistemi di selezione che permettano un accoglimento reale in base alle esigenze, peraltro notevoli, che abbiamo.

C’è anche da considerare il fenomeno, già citato nei precedenti articoli, degli italici: ergo quella massa, calcolata da Piero Bassetti nel suo libro “Svegliamoci Italici!” di circa 220 milioni di persone sparse per il Mondo e che comprendono non solo Italiani residenti all’Estero, ma anche discendenti di nostri emigranti e persone nelle cui attività l’Italia ha un’importanza grandissima.

Qui attraverso uno sviluppo serio dell’iniziativa denominata “Viaggi di ritorno” (che attualmente è allo studio ma minaccia già di essere utile solo a certi “orticelli politici”) si potrebbe addirittura raggiungere un’immigrazione già italianizzata che si aggiungerebbe agli altri flussi stranieri determinati dalle richieste programmate.

Si può riuscire a creare quanto fin qui proposto, figlio di un’esperienza che l’Italia ha già affrontato come Paese di emigrazione nel secolo scorso? La risposta è senza dubbio positiva, ma bisognerebbe che la politica una volta per tutte (e lo dico in generale) scendesse da quell’orbita spaziale lontanissima dalla reale situazione del Paese in cui è immersa da diversi anni di ipocrisia e progetti atti solo a ottenere voti. Finalmente in nome di qualcosa per lei sconosciuto nella fantasmagoria dei suoi privilegi: il Bene Comune di una nazione che altrimenti rischia una pericolosissima involuzione in un futuro ormai prossimo.

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