I rimpatri spesso sono suggeriti come via maestra per arginare il fenomeno dei flussi migratori. Per metterli in atto, però, ci vogliono accordi con i Paesi di origine, non sempre facili da sottoscrivere. A meno che non si segua il metodo che, a quanto pare, viene seguito in Grecia: secondo alcune fonti, confermate anche da un’inchiesta del New York Times, i migranti arrivati con i barconi verrebbero presi e rispediti in Turchia con altri barconi. Non dei veri rimpatri ma respingimenti messi in atto in tempi brevi. Una pratica non confermata dal governo greco, ma che avrebbe dei riscontri almeno dal punto di vista giornalistico.
La rotta balcanica, d’altra parte, spiega Mauro Indelicato, giornalista de Il Giornale e Inside Over, l’anno scorso è stata quella più utilizzata in Europa, anche se per l’Italia solo il 20% degli arrivi provengono da lì. Le condotte un po’ sbrigative dei greci sarebbero note anche ai trafficanti di uomini e di donne, che proprio per evitare problemi a volte partono dalla Turchia e tirano dritto fino all’Italia senza fare tappa in Grecia. Dove finiscano i migranti una volta giunti in Turchia dopo essere stati rimandati indietro dai greci non si sa. Una famiglia siriana che aveva fatto causa a Frontex davanti alla Corte di giustizia europea per essere stata allontanata prima che venisse valutata la loro richiesta di protezione internazionale, ha raccontato di essere finita in Iraq.
Come funziona il sistema di “rimpatrio veloce” che sarebbe stato messo in pratica dai greci?
Sono respingimenti non tanto regolari ma che vengono fatti regolarmente. Si tratta di migranti presi dai centri di accoglienza greci, caricati su un furgone, trasferiti in un porto e da lì materialmente rimessi sui barconi e spediti verso la Turchia. Ci sono diversi casi documentati dal New York Times, con tanto di interviste ai migranti che affermano di essere stati nuovamente soccorsi dalla Guardia costiera turca perché rispediti da dove erano venuti. Sono respingimenti che vengono fatti via mare, ma spesso, durante le fasi più critiche della via balcanica, vengono praticati anche via terra.
I greci come rispondono alle accuse?
Il governo greco non conferma questa pratica. Fonti ufficiose dicono che i migranti vengono messi su imbarcazioni in grado di raggiungere autonomamente la Turchia. Ankara se c’è un barcone in difficoltà vicino alla sua costa deve riprenderselo. Non sappiamo poi se i migranti cercano di tornare in Grecia per altre vie o tentano altre strade, comunque inizialmente ritornano in Turchia.
Sarebbe come se noi prendessimo i migranti sbarcati a Lampedusa il giorno dopo il loro arrivo e li spedissimo indietro con un barcone, anche se magari in condizioni migliori di quello con cui hanno fatto il viaggio di andata?
Il principio è quello. Non per discolpare Atene, ma le distanze sono comunque minori a quelle fra Italia e Tunisia: avviene soprattutto nelle isole greche, che sono distanti una decina di chilometri dalla Turchia. Non è un viaggio lunghissimo. Certo, dal punto di vista del diritto internazionale questi respingimenti sono vietati.
Nei mesi scorsi alcune Ong avevano denunciato che i greci facevano guidare ad alcuni migranti le navi per questi respingimenti promettendo loro in cambio un permesso per restare in Europa. Corrisponde a verità?
Non c’è conferma di casi come questo. Il governo di Atene ufficialmente non ha mai ammesso l’esistenza di un piano del genere, ci sono fonti delle Ong che, tuttavia, non hanno altri riscontri. L’unica cosa certa è che respingimenti come quelli raccontati prima si sono verificati. Ci sono delle immagini riprese anche dal New York Times.
Dunque il tratto di mare più lungo da attraversare complica tutto.
Sì. Malta spesso dà indicazioni su come raggiungere l’Italia. È successo in diverse occasioni tra il 2020 e il 2021. I soccorritori maltesi dicono: “Non abbiamo spazio sull’isola per accogliervi. Poco più avanti c’è Pozzallo o c’è Lampedusa”. Forniscono il carburante che serve, dei viveri e i migranti raggiungono l’Italia. Molti migranti hanno testimoniato questo tipo di intervento.
Il comportamento del governo greco non è stato denunciato da nessuno?
Dalle Ong, dalla stampa, ma non ci sono state conseguenze sull’esecutivo, anche perché ha rivinto le elezioni, si sente appoggiato per fare questo.
La Grecia è ancora un passaggio importante per la rotta Balcanica?
Certo, è l’anello di congiunzione fra la Turchia e i Balcani. Di solito respinge o quando vede che le carovane via terra procedono senza problemi, le lascia andare verso gli altri Paesi. Cerca di mantenersi come Paese di mero transito, non di primo approdo.
Se i migranti viaggiano via mare, invece, procedono anche ai respingimenti?
Sì, tant’è che molti trafficanti preferiscono puntare direttamente sull’Italia. La strage che c’è stata qualche mese fa al largo del Peloponneso è connessa anche a questo.
L’opera di respingimento via mare è sistematica?
Per il momento non possiamo dirlo. Sono stati documentati singoli casi, ma probabilmente questi casi hanno fatto scuola e i trafficanti preferiscono evitare la Grecia.
Su quella rotta arriva molti migranti anche in Italia?
Dalla Turchia sì, si arriva soprattutto in Calabria e nella Sicilia orientale. È una rotta che rispetto a quella tunisina ha minore impatto numerico, però esiste.
Chi sono le persone che arrivano su questa direttrice?
Siriani, afghani: venendo dalla Turchia sono soprattutto mediorientali. Ma ci sono anche bengalesi e altri dall’Asia.
Che fine fanno i migranti rimandati in Turchia?
Non si sa. L’informazione da questo punto di vista è carente. Dentro il territorio turco c’è anche una maggiore censura. Non trapela tutto.
La Turchia, comunque, che ruolo ha nella rotta balcanica?
Fa il bello e il cattivo tempo. Se viene pagata interrompe i flussi, al momento sembra che abbia aperto i rubinetti: anche via terra gli arrivi sono numerosi. L’anno scorso la rotta balcanica è stata la più frequentata a livello europeo, anche se in Italia incide per il 20%. Quest’anno la rotta principale è quella mediterranea, ma l’anno scorso non è stato così: hanno prevalso gli arrivi dai Balcani.
La Ue dà ancora soldi a Erdogan per controllare i flussi?
È un mistero, c’era l’accordo del 2016 da 6 miliardi, Erdogan dice che ne ha ricevuti solo un a parte. Non si è mai capito se l’intesa è stata rinnovata. Anche qui ci troviamo in una sorta di limbo: la situazione non è chiara.
(Paolo Rossetti)
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