Nuovo scontro sui migranti: le dichiarazioni del ministro francese dell’Interno Gérald Darmanin, che accusa di incapacità la Meloni e il Governo italiano, fanno saltare l’incontro di Tajani con la sua omologa Catherine Colonna. “Offese inaccettabili” twitta il ministro degli Esteri italiano.
Ieri Darmarin parla alla radio francese RMC e dice che “Madame Meloni, e il governo di estrema destra scelto dagli amici di Marine Le Pen, è incapace di risolvere i problemi migratori per i quali è stata eletta”. E ancora: “Meloni è come Le Pen, si fa eleggere e poi non risolve”.
Frasi gravi che rappresentano un groviglio di errori, dice al Sussidiario Francesco De Remigis, inviato a Parigi de Il Giornale. Darmanin “ha fatto un abbinamento spericolato tra il suo avversario politico in Francia – il Rassemblement National – e il miglior alleato politico del suo governo, che in questo momento, in Europa, è proprio l’Italia. Non sarà facile ricucire”.
Perché Darmanin ha fatti dichiarazioni così dure?
È l’apice di una risposta indispettita al Rassemblement National (Rn). Da mesi il Rn utilizza l’immigrazione illegale, in particolare i clandestini che sconfinano a Ventimiglia, per dire che il Governo Borne non è in grado di gestire i flussi migratori verso la Francia.
L’attacco del Rn è fondato?
No, perché quei flussi irregolari sono poca cosa, sono pressoché fisiologici e ci sono da anni. Parliamo di 50-60 persone al giorno che provano a sconfinare. Si tratta di critiche politicamente legittime, ma strumentali.
Non bastano dunque a spiegare parole così gravi.
No, infatti. Ma va detta una cosa importante. Fino a quando la Ocean Viking non è sbarcata a Tolone l’11 novembre scorso, a Parigi non sapevano cosa volesse dire gestire gli sbarchi, anche se si trattava soltanto di una nave con 230 migranti. Servono soldi, interpreti, forze dell’ordine, centri appositi.
Non è con la fuga dai centri che sono cominciati i problemi?
Sono cominciati sulla banchina di Tolone, poi si sono aggravati. I migranti si sono allontanati, le forze dell’ordine non sono riuscite a impedire che scattasse un allarme sicurezza per furti e spaccio nelle città vicine, da Nizza a Marsiglia. A quel punto i rinforzi sono stati spostati dove servivano, sguarnendo Tolone. Il Rn non chiedeva di meglio.
Torniamo a Darmanin.
Le polemiche contro la sua gestione lo hanno messo in difficoltà, e anziché affrontare il problema da politico navigato qual è, ha preferito non assumersi nessuna responsabilità e accusare la Meloni, come se fosse la versione italiana degli stessi lepenisti che lo accusano in Francia. Un grossolano errore politico: primo, perché la Meloni non ha rapporti con Le Pen, secondo, perché in giugno era attesa all’Eliseo. E la visita di stasera (ieri, ndr), che giustamente Tajani ha fatto saltare, era dedicata a preparare l’incontro Macron-Meloni.
Il Quai d’Orsay ha molto smorzato i toni.
Più che smorzato, di fatto ha smentito Darmanin, dicendo che occorre lavorare insieme all’Italia sui dossier europei e augurandosi che la visita di Tajani possa avvenire al più presto.
Che cosa è stato compromesso?
Dal bilaterale di marzo a margine del Consiglio europeo, Meloni e Macron avevano ritrovato l’affiatamento. Entrambi si erano trovati d’accordo che sul tema migratorio occorresse abbassare i toni, superare le differenze che esistono tra due governi di colore politico diverso e lavorare bene per portare una proposta comune in Europa. Non solo sui migranti, anche sulla riforma del Patto di stabilità.
A tuo avviso si tratta di uno scontro che può essere riassorbito in tempi brevi?
Non ha parlato un deputato qualunque, ma il ministro dell’Interno della Francia. Per ricucire servirà una telefonata diretta di Macron a Meloni.
Quindi la risposta del nostro Governo è stata proporzionata?
Direi di sì. Anche perché Darmanin, dopo quanto è successo nel novembre scorso, è recidivo. A differenza di allora, però, stavolta l’Italia non ha alcuna responsabilità, non ha fatto alcuna forzatura. E rompere con l’Italia oggi è l’ultimo interesse del governo francese.
Servirà la mediazione di Mattarella?
Finora il Quirinale, quando è stato necessario, ha sempre messo in campo il rapporto personale di amicizia che c’è tra Mattarella e Macron, ma ritengo che stavolta non sarà così, perché siamo stati noi a subire la rottura. E a creare la rottura è stato, di fatto, un attacco personale. Se non si chiariscono Macron e Meloni, l’incidente non rientra. È stata tirata in ballo l’Italia, l’intero Paese, le sue capacità organizzative modello, non solo Meloni. L’integrale dell’intervista è on line. Non lascia spazio a interpretazioni. Il fatto che anche le opposizioni Pd-M5s-Azione abbiano fatto quadrato condannando l’uscita è una bella pagina. Non credo sia mai capitato, e Macron non può che prendere atto dell’errore grossolano commesso.
Hai detto attacco personale. Questa animosità ha una matrice politica?
Sono convinto che aver detto “governo di estrema destra scelto dagli amici di Le Pen” non sia stata una bugia bianca, ma consapevole. In Francia diversi giornali importanti, in primis Le Monde ma non solo, continuano a far passare la Meloni come una leader di estrema destra, unfit e fuori dall’arco costituzionale. Questo preconcetto ideologico è stato superato, stavolta sì, grazie al paziente lavoro di Mattarella. Che il premier fosse un interlocutore politico serio e non una reazionaria eversiva lo si è visto in ambito europeo su tutti i dossier e lo stesso Macron ha avuto modo di constatarlo. E alcuni quotidiani, penso a Les Échos, stanno cambiando narrativa.
Parliamoci chiaro: Darmanin ha altre ambizioni politiche?
Sì, a cominciare da quella di sostituire l’attuale premier Borne in tempi stretti, e poi di candidarsi all’Eliseo nel 2027. Anche questo spiega il suo cinismo.
Non credi che a Parigi la visita di Haftar a Roma abbia dato fastidio?
Se l’attacco fosse venuto dal ministro degli Esteri, sapendo bene quanto Francia e Italia siano in competizione in Nordafrica, avrei risposto di sì. Ma conoscendo bene Darmanin, questa volta lo escludo.
Cosa puoi dirci della legge sull’immigrazione di cui si discute in Francia?
È un tema chiave che aggrava politicamente la posizione di Darmanin, che non avendo la maggioranza in parlamento per far passare la legge sull’immigrazione che il Governo ha annunciato, si dimentica che proprio oggi (ieri, ndr) l’Italia converte in legge il decreto Cutro. In Francia, invece, non si riparlerà di legge sull’immigrazione prima dell’autunno.
(Federico Ferraù)
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