Aumentano in Ue i Paesi che per affrontare l’emergenza migranti valutano strategie come quella dell‘Italia in riferimento all’accordo con l’Albania. Questo non è solo il caso della Germania, ma anche di Austria e Danimarca. La settimana scorsa è stato aperto a Nefta, in Tunisia vicino al confine algerino, un centro di 12mila metri quadrati in cui guardie di frontiera vengono addestrate con soldi austriaci e danesi a impedire ai migranti di viaggiare verso l’Europa. Costato 3,5 milioni di euro, la maggior parte dei quali pagati da Copenaghen, rappresenta la prima iniziativa congiunta tra Austria e Danimarca, che concordano anche su come dovrebbe essere la politica migratoria europea. Ad esempio, ritengono che i Paesi terzi dovrebbero svolgere un ruolo centrale.



Infatti, ritengono che in questo modo vengano eliminati gli incentivi a viaggiare in Europa e si potrebbe quindi ridurre la migrazione. Anche perché la riforma dell’asilo dell’Ue è considerata inefficace da molti esperti. Ad esempio, per il noto studioso di migrazione Gerald Knaus si tratta di un “bluff”. «La riforma non cambierà nulla, non porterà a nulla, non ridurrà nulla, non salverà vite umane», dichiara a Welt. Senza un accordo sul rimpatrio dei migranti il ​​progetto non ha senso. Inoltre, attualmente le deportazioni falliscono perché i paesi di origine o di transito dei migranti non vogliono riprenderli. «Da Bruxelles sentiamo che soluzioni alternative alla questione migratoria distraggono dalla necessità di questa riforma. Nessuno vuole ammettere di aver lavorato per anni su un cattivo compromesso», aggiunge Knaus.



“UE CAMBI NORME PER CONSENTIRE ACCORDI CON PAESI TERZI”

Anche in altri Paesi dell’Ue cresce inoltre la certezza che siano necessarie altre soluzioni. Austria e Danimarca sono in prima linea. Infatti, nel giugno 2021 il parlamento danese ha approvato una legge che rende possibili centri di asilo in altri Paesi, contenendo alle autorità di trasportare i richiedenti asilo in paesi terzi dove devono attendere che la loro richiesta venga esaminata in Danimarca. Un piano simile a quello della Gran Bretagna col piano Ruanda. Ma nulla di tutto ciò è stato ancora implementato, anche perché ci sono dei vincoli europei. La Danimarca, invece, ha più libertà perché il diritto dell’Ue è vincolante solo parzialmente a causa di una normativa legale speciale. Per questo l’Austria chiede una modifica delle condizioni quadro. «Le norme legali devono essere modificate in modo che siano possibili partenariati con paesi terzi come il Ruanda attraverso le procedure di asilo», dichiara a Welt il ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner.



L’Austria non è sola in questa battaglia. «L’alleanza di coloro che vogliono cambiare qualcosa è diventata molto più ampia». Lo dimostra l’Italia con l’accordo con l’Albania, ma vale anche per la Svezia, che sostiene l’inasprimento delle normative. Il nodo della questione risiede in una caratteristica peculiare del diritto dell’Ue denominata “criterio di connessione“, in base al quale i migranti possono essere portati in paesi terzi dichiarati sicuri solo se hanno contatti sufficienti con tale paese. Knaus è favorevole all’abrogazione temporanea della legge sui collegamenti. «Un progetto pilota sul modello del Ruanda rappresenterebbe il cambiamento di paradigma di cui abbiamo bisogno ora». Questa strategia non solo è è l’unica via per ridurre il numero dei migranti, ma è al tempo stesso una soluzione per rispettare i diritti umani e la Convenzione sui profughi. Così si può anche evitare di radicalizzare ulteriormente il dibattito in Europa.