C’è una grande ipocrisia nell’Unione europea sull’immigrazione e Libération la porta a galla. L’Europa ha accolto dal 24 febbraio circa 6 milioni di rifugiati ucraini, di cui 160mila in Italia e 97mila in Francia. È stato concesso loro un asilo temporaneo che dà diritto a prestazioni sociali e lavoro. Quando però si tratta di accogliere migranti provenienti da Africa e Medio Oriente si assiste al solito braccio di ferro, culminato negli ultimi giorni con una crisi diplomatica tra Roma e Parigi. «C’è una logica etnica dietro questa crisi», evidenzia a Libération l’esperto di immigrazione Patrick Weil, direttore di ricerca al CNRS e visiting professor all’Università di Yale. Lo dimostra anche quanto accaduto nel 2015, quando l’Ungheria ha inorridito i suoi partner picchiando i rifugiati siriani e costruendo un muro al confine con la Serbia per impedirne il passaggio.



La tragedia fu evitata perché l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel decise di accogliere un milione di migranti in Germania. Ma anche in quel caso nessun Stato membro dell’Ue si affrettò a sostenerla, anzi la Commissione europea rinunciò persino a proporre l’attivazione della direttiva del 2001 sulla protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati, come invece fatto per gli ucraini. La Francia di Hollande si voltò dall’altra parte, con Macron che nel 2016 rimproverò quell’egoismo francese.



“MIGRANTI E UE, MA QUALE SOLIDARIETÀ…”

«Solidarietà, integrazione… Sull’immigrazione, l’Unione europea ha fallito su tutti i fronti», titola Libération, evidenziando nella sua analisi come alla fine l’estrema destra abbia vinto la sua battaglia ideologica sui migranti. In Europa, infatti, sono cresciuti muri e recinzioni. La stessa Ue ha rafforzato il ruolo di Frontex, creando un corpo europeo di 10mila guardie di frontiera. Inoltre, ha esternalizzato la protezione di parte delle sue frontiere alla Turchia (in cambio di aiuti per quasi 6 miliardi di euro tra il 2016 e il 2024 per finanziare i campi sul suo territorio), al Marocco e persino alla Libia (700 milioni di euro di aiuti), che ha scarso rispetto per i diritti umani. Dunque, la politica europea è chiara per Libération: dal 2015 cerca di impedire a rifugiati e migranti provenienti dal Sud del mondo di entrare nel territorio europeo. Gli Stati così si preoccupano di fermare il flusso di arrivi anziché, ma non si occupano dell’integrazione degli immigrati o dei cittadini di origine straniera già presenti sul loro territorio, una sfida molto più difficile da affrontare.



“GRECIA, ITALIA E SPAGNA ABBANDONATE DA UE”

Una scelta fallimentare, perché i migranti continueranno ad arrivare e lo faranno sempre più illegalmente. L’Ue ha chiuso tutti i rubinetti dell’immigrazione per lavoro, quindi si entra solo per richiedere lo status di rifugiato. «In altre parole, la politica di chiusura europea alimenta l’illegalità. Per questo motivo la Commissione chiede agli Stati di fornire un accesso legale al lavoro, ma senza successo». Dietro la crisi dell’Ocean Viking c’è, dunque, questa incoerenza europea. Non c’è alcuna solidarietà europea, con i Paesi in “prima linea” come Grecia, Italia e Spagna abbandonati a se stessi, o quasi. Anzi, il regolamento di Dublino viene usato contro di loro. Lo scenario è chiaro: non si vuole immigrazione di manodopera, quindi crescono richieste di asilo infondate, i Paesi del Sud Europa vengono lasciati soli e ci si ritrova immigrati irregolari in tutta Europa, che generalmente lavorano in nero. «Un chiaro fallimento, ma l’Unione Europea persiste nonostante tutto», concluda Libération.