L’allenatore del Bologna, Sinisa Mihajlovic, ha parlato da testimonial durante l’evento “Con Sinisa per la Ricerca”, iniziativa lanciata da Ail (Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma onlus) a favore dei ricercatori dell’Istituto di ematologia Seragnoli del Sant’Orsola. In estate a Mihajlovic è stata diagnosticata una forma di leucemia ed il tecnico è stato sottoposto ad un trapianto di midollo osseo. Queste le sue dichiarazioni: Sono molto felice e orgoglioso di essere l’uomo immagine di Ail, ringrazio il professor Tura e il professor Cavo che mi sono sempre stati vicino durante la malattia – ha esordito Sinisa – Il prof Cavo, tra l’altro, è stato colui che nei primi mesi decideva se potevo andare o no allo stadio. Questo per me era un aspetto fondamentale per la testa e lo ringrazio per la comprensione che ha avuto nei miei confronti”. Mihajlovic ha spiegato come l’aspetto psicologico sia stato fondamentale per reagire e il sostegno dei medici lo abbia aiutato a reagire con la testa prima ancora che con il fisico.
MIHAJLOVIC: “DONAZIONI FONDAMENTALI”
Sinisa Mihajlovic ha poi sottolineato l’importanza delle donazioni di midollo osseo per combattere le leucemie, soffermandosi anche su quella che è stata la sua reazione quando ha scoperto di essere malato: “La ricerca è molto importante, quando i dottori Sisca e Nanni mi hanno detto com’era la situazione, la prima cosa che ho chiesto è stata ‘si può morire?’ – ha raccontato Mihajlovic – Loro mi risposero che quindici anni fa non ci sarebbe stato quasi nulla da fare, oggi invece con tutti i progressi fatti ci sono molte possibilità di guarire. E’ importante anche donare il midollo perché in Italia siamo indietro da questo punto di vista. Donare il midollo e salvare una persona è una grande soddisfazione. E’ successo a me con il ragazzo che mi ha donato il suo e io purtroppo non potrò farlo, ma se lo avessi saputo prima di avere la leucemia lo avrei fatto.” Riguardo al futuro il tecnico del Bologna dimostra di essere fiducioso: “Io sto molto bene, mi sento forte e sono passati sette mesi dal trapianto – ha spiegato Mihajlovic – Il peggio dovrebbe essere passato, ma ci vuole un anno per tornare alla normalità. Ci sono stati momenti all’inizio in cui mi sentivo stanco e nella fase di ripresa non bisogna esagerare, non fare gli eroi, ma fare quello che ci si sente”.