Quando Donald Trump è risultato positivo al coronavirus, gli occhi del mondo intero si sono immediatamente spostati sul suo vicepresidente: Mike Pence. Nei giorni in cui gli Usa hanno temuto seriamente per le sorti del loro presidente, è stato al “mite“ ex governatore dell’Indiana che si è rivolta l’attenzione del pianeta. Chi era l’uomo che in caso di morte del presidente Trump avrebbe impedito il vuoto di potere al vertice della piramide istituzionale Usa? E come sarebbe cambiata la postura internazionale della superpotenza sotto la sua guida? Le cure fornite al “biondo di Manhattan” dai medici del Walter Reed National Military Medical Center hanno evitato il peggio, ma a Mike Pence non avrebbe fatto certo difetto l’esperienza dopo 4 anni a stretto contatto con l’uomo più potente del mondo nell’ala est della Casa Bianca. Anzi, a dirla tutta, non sarebbero stati pochi, all’interno del Partito Repubblicano, coloro che ad un certo punto si sarebbero trovati a festeggiare per l’avvento alla guida del Partito Repubblicano di un “repubblicano più repubblicano“, un politico vecchia maniera, meno “sui generis” di The Donald.
MIKE PENCE: LA PASSIONE GIOVANILE PER I DEMOCRATICI, POI…
Secondo il guru dei sondaggi americano Nate Silver, Mike Pence, al momento della nomina a vicepresidente ad opera di Donald Trump, è diventato “l’aspirante vicepresidente più conservatore nella storia degli Stati Uniti“. La vittoria a sorpresa di Trump ai danni di Hillary Clinton nel 2016 ha reso possibile eliminare dalla definizione anche il participio presente di “aspirante“. E dire che il giovane Mike Pence, prima di diventare un fedelissimo del Gop, era in realtà un fan del Partito Democratico. Leggenda vuole che i suoi genitori, irlandesi cattolici, fossero grandi ammiratori di John Kennedy e che lui stesso fosse solito custodire in una scatola i ritagli di giornale su Camelot. Fascinazione, quella per il partito dell’asinello, proseguita in adolescenza fino a renderlo coordinatore dei giovani del Partito democratico nella sua Bartholomew County. Fu nel passaggio universitario, facoltà di storia all’Hanover College, precisamente nelle classi del professor G. M. Curtis, che Mike Pence scoprì quanto fosse intrigante la prospettiva di limitare l’influenza del governo federale nella vita dei cittadini americani, sintonizzandosi a partire da quel momento su una delle frequenze preferite dai Repubblicani a stelle e strisce.
MIKE PENCE, PRIMA ALTERNATIVA DEI REPUBBLICANI ALLA “TRUMP DINASTY”
L’ultimo strepito democratico nella vita di Mike Pence arrivò con il voto a favore di Jimmy Carter, effetto forse del rigetto provato per lo scandalo che aveva coinvolto Richard Nixon. La strada del religiosissimo Mike, però, era ormai stata tracciata. Allontanatosi dal cattolicesimo di famigliia considerato troppo “liberal” e per questo “filo-democratico“, Pence si era convertito in “born-again Christian“. La nuova fede evangelica non gli aveva comunque impedito di apprezzare la futura moglie Karen, conosciuta alla parrocchia cattolica di Indianapolis St. Thomas Aquinas. E’ a lei che è legato uno degli aneddoti che a queste latitudini suscita maggiore scalpore rispetto al personaggio Mike Pence: il vicepresidente non va mai a pranzo o a cena da solo con una donna che non sia sua moglie; inoltre evita di recarsi ad eventi dove viene servito l’alcool senza averla al suo fianco. C’è chi parla di bigotteria, chi ne apprezza l’assoluta dedizione nei confronti della consorte: punti di vista che descrivono l’essenza dell’osservatore, che ne fanno abbracciare o meno le tesi propugnate da Pence. Personalità “mite” d’altronde non vuol dire per forza moderata, quando si parla di politica. Le sue posizioni anti-aborto o “pro-life”, in un’accezione positiva, sono tra le più conservatrici in campo. Da governatore dell’Indiana, ruolo ricoperto a partire dal 2012, fece discutere ad esempio il suo Religious Freedom Restoration Act, con cui sostanzialmente permetteva a negozi e ristoranti di non servire i clienti sulla base delle loro convinzioni religiose. Eppure l’immagine in politica se non è tutto è comunque molto. La pacatezza, l’autocontrollo, il fair play mostrati nel confronto tv tra candidati vicepresidenti che l’ha visto opposto a Kamala Harris in campagna elettorale hanno solleticato gli appetiti di tanti Repubblicani vecchio stampo. Perché non lui, dopo Trump? Nel Gop la partita è aperta, ma la prima alternativa ad una “Trump Dinasty” (Ivanka o Donald Jr che sia) porta proprio a lui, l’ex democratico, ora “repubblicanissimo” Mike Pence.