Mikel Azurmendi è morto: si è spento improvvisamente all’età di 78 anni per ragioni non meglio precisate e la notizia è stata rilanciata dal portale del Meeting di Rimini, il cui presidente, Bernhard Scholz, ha sottolineato che lo ricorderà per sempre come un “testimone eccezionale di un’intelligenza straordinaria e di una grande semplicità di cuore che gli permettevano di cogliere il vero e il bello con un’immediatezza che ci lasciava sempre pieni di stupore e di gratitudine”.



Antropologo e filosofo, Azurmendi come detto faceva parte dell’ETA (Euskadi Ta Askatasuna, organizzazione armata terroristica basco-nazionalista separatista d’ispirazione marxista-leninista, sciolta nel 2018, il cui scopo era l’indipendenza del popolo basco ai suoi inizi), ma la abbandonò non appena prese la strada del terrorismo. Dopo due tentativi di attacchi ai suoi danni e le continue minacce ricevute da parte dell’ETA, aveva temporaneamente lasciato il ruolo di docente di antropologia all’Università dei Paesi Baschi, partendo per gli Stati Uniti d’America. Laico e agnostico fino al giorno dell’incontro con la realtà di Comunione e Liberazione, “nella sua lunga carriera si confrontò con alcuni dei temi più stringenti della società moderna come l’immigrazione, il nazionalismo, il jihadismo e il valore pubblico dell’esperienza religiosa”.



MIKEL AZURMENDI: “HO PRESO COSCIENZA DI ESSERE MOLTO AMATO DA DIO”

Mikel Azurmendi ricevette il premio Hellman/Hammet nel 2000 e anche il IV premio per la coesistenza nel 2001 dalla Fondazione Miguel Ángel Blanco. Proprio in queste ore, intanto, Don Julián Carrón ha pubblicato l’ultima lettera inviata da Azurmendi, che era intenzionato ad aderire a “Comunione e Liberazione”. “Sto maturando da tempo la mia adesione a CL e credo sia giunto il momento di farvene richiesta. Da quando ho finito di scrivere L’Abbraccio – si legge nel testo –, sto facendo un cammino in cui confido sempre di più nel fatto che la mia rinascita come cristiano sia definitiva, perché si basa sulla mia assoluta accettazione e dedizione a Gesù. Ho preso coscienza di essere molto amato da Dio, per non dire troppo amato, visto ‘eccesso di perdono che ho ricevuto. E di questo posso solo esserGliene grato con una maggiore dedizione personale”.



Azurmendi proseguiva dicendo di avere compreso che il “sì” di Pietro ha generato la nascita di un popolo, un’unità di gente-in-incontro, una certa entità etnica. “Ho capito il significato di obbedire come l’unico modo per trascendere il mio io verso l’Altro, così come un calciatore obbedisce al suo allenatore. Devo ‘dare retta’ a voi pastori che state guidando questa tribù il cui stile di vita mi ha tanto commosso. È passato il tempo di ‘essere come voi’, ora mi propongo di ‘essere con voi'”.