Presso il quartiere Adriano di Milano, zona nord est del capoluogo lombardo, in pieno giorno, un ragazzino 13enne è stato aggredito e picchiato senza motivo da un signore di 60 anni, che gli ha sfondato la testa più volte contro il cartongesso di un negozio, e sembrerebbe senza alcun motivo. A svelare quanto successo il proprietario di un mini market sito proprio nel luogo del pestaggio: “Non lo conoscevo bene – ha raccontato Abib, il proprietario, parlando stamane con Morning News – ma ogni tanto veniva a comprare un po’ di birra, non so se fosse ubriaco ma secondo me sì”. Si tratta di una persona italiana, e il raid è stato ripreso dalle telecamere del mini market di proprietà di Abib: l’uomo non aveva mai destato il minimo sospetto, di conseguenza non è ben chiaro cosa sia accaduto lunedì scorso.
Cosa può aver quindi scatenato la furia di quest’uomo? “Non sappiamo cosa possa essere accaduto”, dice ancora Abib, che tra l’altro tre mesi fa aveva subito una rapina: “E’ arrivato un ragazzo con un coltello in mano e poi ha portato via i soldi – ha ricordato l’episodio – aveva il viso coperto”. Il signore di 60 anni di Milano risulta essere indagato e sarebbe una persona conosciuta in zona; in ogni caso l’uomo non è in stato di fermo mentre il ragazzino è andato in ospedale ed ha avuto una prognosi di tre giorni: “Non l’ho più visto il 13enne”, ha spiegato ancora Abib.
13ENNE AGGREDITO DA 60ENNE A MILANO: “I RAGAZZINI VENGONO DI MENO…”
I genitori del giovane hanno denunciato il 60enne nel commissariato di Villa San Giovanni e hanno fatto anche il nome dello stesso uomo. Il ragazzino non si è più visto da settimana scorsa, da quando è avvenuto il fatto, lunedì 31 luglio: “Adesso c’è molta mena gente, vengono meno qui i ragazzini, sia per le vacanze ma anche per la paura”.
De Manzoni, vice direttore de La Verità, commenta: “C’è un problema sociale ma è da tempo e l’immigrazione non aiuta, inoltre abbiamo un sovraffollamento delle carceri e ciò aiuta i magistrati a disporre pene alternative alla reclusione in carcere. Se una persona è pericolosa socialmente, bisogna non applicare la formula matematica, mancano anche strutture alternative al carcere”.