Finge di avere una malattia terminale e inscena una fecondazione medicalmente assistita per cure staminali per spillare 400mila euro alla fidanzata conosciuta su Internet. Per questo una donna è stata condannata a Milano a 4 anni e 6 mesi per alterazione di stato. La vicenda è stata ricostruita dal Corriere della Sera. Tutto comincia nel 2014, quando la donna ‘aggancia’ online una manager benestante di una importante azienda. La 35enne si innamora prima su Internet, poi la relazione prosegue anche dal vivo. Un anno dopo l’amata, che si dice commercialista divorziata e con tre bambini in affidamento, le racconta di avere un grave tumore per il quale è in cura in una clinica di Zurigo, dove non vuole che la fidanzata vada a trovarle e che comunque ha difficoltà a pagare per le terapie. Inoltre, le racconta di non avere neppure i soldi per l’affitto di una casa senza barriere architettoniche.



La manager innamorata comincia a girarle dei soldi e le sue poche perplessità vengono messe a freno dalle finte mail con cui i finti sanitari svizzeri l’accusano di non voler aiutare abbastanza la sua dolce metà. Si arriva così all’estate del 2018, quando confessa di avere solo 10 mesi di vita, a meno che non si finanzi una fecondazione medicalmente assistita per terapie staminali. La manager non solo tira fuori altri soldi, ma accetta anche di riconoscere il figlio che ha (davvero) in grembo al pensiero che questo non abbia la tutela legale.



“AGITO PER MOTIVI DI PARTICOLARE VALORE MORALE O SOCIALE”

Proprio questo atto costa alla truffatrice l’accusa di alterazione di stato davanti al Comune di Milano, cioè la dichiarazione congiunta di “riconoscimento di figlio nascituro fuori dal matrimonio da parte di entrambi i genitori” nell’ambito di “un progetto genitoriale comune” a seguito del ricorso “a tecniche di procreazione medicalmente assistite”. Peraltro, come ricostruito dal Corriere della Sera, il castello di bugie è crollato per caso dopo la nascita del bambino. Le bugie vengono giustificate con il bisogno di soldi per gli altri figli dopo una condanna per appropriazione indebita.



Ora alla manager è stato riconosciuto un risarcimento di danni patrimoniali da 400mila euro. L’imputata, però, dalla quinta sezione del Tribunale di Milano ha ricevuto, oltre alle attenuanti generiche, anche quella sollecitata dalla stessa pm Paola Pirotta di aver agito “per motivi di particolare valore morale o sociale”. Infine, il Tribunale non ha attivato la perdita di potestà genitoriale sul neonato, che in questi casi però è facoltativa.