Un dirigente medico dell’Ats di Milano è stato arrestato per abusi sessuali su sei giovani pazienti, ma il sospetto è che le vittime potrebbero essere molte di più. Si tratta di Marco D’Annunzio, 43 anni, infettivologo responsabile dell’ambulatorio Crh-Mts, che martedì sera è finito ai domiciliari. I magistrati del dipartimento tutela fasce deboli della procura hanno lanciato un appello a denunciare, del resto il gip Giulio Fanales nell’ordinanza con cui ha disposto gli arresti domiciliari concorda sulla pericolosità dell’uomo. «Ha agito senza manifestare alcun tipo di scrupolo in merito alla scelta delle vittime, ragazze giovani e il più delle volte psicologicamente fragili», le parole riportate dal Corriere della Sera. Le condotte messe in atto vengono definite «gravi», «crudeli», «subdole», «ricattatorie».
Le modalità sono le stesse, i casi risalgono all’agosto 2021 fino a febbraio di quest’anno. Una ragazza riceve un appuntamento all’orario di chiusura della struttura: «Mi era parso strano, ma non pensavo di correre pericoli, ero andata per un problema all’orecchio». La visita però si è trasformata in un controllo ginecologico prima e in un abuso sessuale poi. Il medico le ha poi proposto di andare a casa sua, lei ne approfitta per salire sulla sua bicicletta e scappare.
“VOLEVO DARGLI UN CALCIONE, MA ERO PARALIZZATA…”
«Mi sembrava più un massaggio erotico che una normale visita ginecologica. Mi è venuto istintivo chiudere le gambe, ma lui le ha riaperte, provando a rassicurarmi. Gli avrei voluto rifilare un calcione, ma ero paralizzata», ha messo a verbale un’altra paziente-vittima, come riportato dal Corriere della Sera. «Gli avrei voluto tagliare la mano», ha dichiarato un’altra, ma «mi sono sentita sopraffatta». Percepivano la stranezza di quanto accadeva, ma avevano quel timore reverenziale e la difficoltà a capire cosa rientrasse in una pratica sanitaria e cosa no, senza contare la paura di non essere credute. Il medico infettivologo, comunque, non è tenuto a svolgere controlli ginecologici, soprattutto senza la presenza di un infermiere. Marco D’Annunzio, stando a quanto emerso dalle indagini, proponeva visite approfondite, anche a domicilio, approcciava le pazienti con frasi sconvenienti, domande indiscrete sulle abitudini sessuali e chiedeva di scambiarsi il numero di cellulare, a volte anche di uscire insieme. A una paziente ha chiesto foto delle parti intime per capire come mai l’infezione non passasse, ma «i consigli erano più in ambito sessuale che diagnostico», ha evidenziato la donna. «Non sono poco professionale, semplicemente mi interesso alle mie pazienti», avrebbe detto il medico ad una di loro per difendersi.
Sulla condotta di Marco D’Annunzio circolavano voci a viale Jenner, a Milano, tra i colleghi e i pazienti. Un ginecologo, ad esempio, aveva appreso che svolgeva visite che non gli competevano e che non apparivano nelle cartelle cliniche. Ad agosto c’era stata una segnalazione anonima, a cui se n’era aggiunta una dall’interno. Le indagini, però, si conclusero con una reprimenda al medico, che ora invece è sospeso. «Se dovesse essere confermato sarebbe un grande dolore, perché sono azioni che è difficile pensare che possano essere compiute in particolare da un medico nei confronti dei propri pazienti», ha commentato Letizia Moratti, assessore regionale al Welfare, auspicando che tutto venga chiarito nel minor tempo possibile.