Il Comune di Milano sta valutando l’introduzione di una nuova tassa sulla sosta delle auto dei residenti che oggi è gratuita. La tassa dovrebbe colpire solo la seconda auto anche se non è esclusa una manovra più pervasiva che includa anche la prima. Le discussioni sono in corso e dipendono anche dai fondi che il Governo deciderà di destinare al comune meneghino. La nuova tassa avrebbe una connotazione green sia perché disincentiva il possesso di auto, sia perché potrebbe limitarsi ai veicoli considerati più inquinanti come, per esempio, quelli con maggiore cilindrata.
Forse la verniciata di “green” farà digerire il nuovo balzello ai cittadini milanesi che possiedono un’auto; forse una larga fetta di elettori milanesi è già immune a questo provvedimento in una città a misura di click sempre più per giovani professionisti che per famiglie. Quello che sembra certo è che, come nel caso dell’Area C, la motivazione green è molto opinabile. Non è chiaro perché una vettura che percorre 50 km al mese sia messa sullo stesso piano di una che ne percorre 5.000. Le vetture elettriche, che sarebbero escluse, oltretutto oggi sono in maggioranza possedute da proprietari che hanno già un’altra macchina con motore a combustione oppure che vivono in contesti particolari e iper cittadini.
Il responsabile per l’elettrificazione di Mazda in Canada ha dichiarato ad Automotive News “abbiamo scoperto con alcune ricerche” che la maggior parte dei possessori di auto elettriche “ha altre macchine con maggiore autonomia”. È la risposta a chi si chiedeva il perché di autonomie limitate. In sostanza i “ricchi”, se vogliamo metterla su questo piano, vengono risparmiati non solo perché la tassa extra è una percentuale minima del reddito.
Anche la tassa sul consumo di suolo è una scelta politica che non ha nulla a vedere con il green perché le ultime amministrazioni hanno osteggiato la costruzione di parcheggi sotterranei che “incentivano l’uso e il possesso dell’auto”.
Si potrebbe sostenere che dietro a questi provvedimenti ci sia un’attenzione verde solo ammettendo interventi estremamente grossolani dettati dall’esigenza di cambiare modello a prescindere da contraddizioni evidenti; inclusa, da ultimo, l’obiezione di una famiglia fresca proprietaria di una seconda auto che si vede limitato l’uso a posteriori.
Si potrebbe invece spiegare tutto più logicamente ipotizzando un filo rosso fatto di maggiore imposizione fiscale sul ceto medio, di socializzazione della proprietà e di imposizione di un modello calato dall’alto che premia alcune scelte individuali e alcune forme di convivenza, città contro paese per esempio, a discapito di altre.
È inevitabile pensare alle ipotesi in corso di discussione in sede europea che impediscono l’affitto o la vendita di case che non hanno una classe energetica sufficientemente alta. Come se una casa vuota avesse il potere di inquinare e come se l’ammodernamento non fosse un’attività costosa che taglia fuori i ceti medi e medio bassi nei fatti impedendo il possesso di una casa. Esattamente come le tasse sulla sosta dei residenti impediscono, nei fatti, il possesso di un’auto spingendo verso forme di condivisione imposte.
Un’idea sicuramente affascinante che meriterebbe di essere contestualizzata inserendo almeno due temi. I sistemi basati su reti centralizzate sono forse molto efficienti ma sicuramente molto fragili. Un’auto a benzina ha bisogno di molta meno rete di una elettrica per esempio. È poi inevitabile chiedersi cosa succede se per un motivo o per un altro si rimanga esclusi dalla rete.
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