Forse non tutti sanno, ma è già accaduto che Milano ospitasse un’Esposizione universale. Era il 1906, e quel giorno pioveva. Che a Milano il cielo fosse grigio e l’aria fosse intrisa d’acqua, anche allora non pareva una novità. Troppe infatti erano le cose da guardare il giorno dell’inaugurazione. Troppe le personalità che erano attese: il sovrano, i ministri e i rappresentanti di Paesi di ogni parte del mondo. E non che accadesse spesso, di quei tempi. La giornata si annunciava speciale, per molte ragioni: la fine dei lavori del traforo del Sempione, l’apertura dell’Esposizione universale, la prima pietra della Stazione Centrale. C’era persino una ferrovia elettrica sopraelevata che collegava i due siti dell’Esposizione: i giardini del Castello Sforzesco e la grande Piazza d’Armi. Tra gli stand faceva capolino anche la prima lavatrice, nata quell’anno e presentata alla gente incuriosita al pensiero che, forse, nel futuro, le grandi innovazioni sarebbero entrate nelle case di tutti. Meraviglie tecniche, gioielli di uso comune.
Quello che stupisce noi, che della Fiera e delle sue manifestazioni viviamo ogni giorno il passare veloce dall’obsolescenza alla modernità, è lo spirito veggente di quella prima grande Esposizione. Il tema erano i trasporti: una celebrazione del nuovo, della possibilità di viaggiare veloci e di aprire gli scambi verso il mondo, di una Milano europea, capitale del Nord, che già portava il marchio industriale della Breda e della Pirelli. Ci stupiscono i numeri di allora. Un milione di metri quadrati occupati, 35.000 espositori, oltre cinque milioni di visitatori. E chissà quanti di loro giunti proprio dal “nuovo” traforo del Sempione. L’Esposizione restò aperta per mesi, con dei numeri davvero impressionanti. Milano era una città che sapeva fare le cose in grande.
A quel tempo, ancora, la fiducia nel progresso non aveva limiti. La tecnica era meraviglia, stupore, e il mondo era pronto a cambiare per conquistare ogni obiettivo. Magari, chissà, per andare anche sulla Luna o per debellare la fame e le malattie. Stava per aprirsi la grande stagione del consumo, la più grande erosione delle risorse umane e materiali della storia di questo pianeta. Un “secolo breve”, il Novecento, che è stato segnato da due guerre, ha prodotto devastazioni, ha abusato delle risorse, consumandole, così come ha consumato milioni di vite umane. Oggi siamo meno convinti che il progresso sia sempre buono, che sia sinonimo assoluto di sviluppo. Preferiamo parlare di sostenibilità, nella speranza che ogni passo compiuto dall’uomo, ogni progetto possa soddisfare le esigenze delle generazioni presenti senza impedire alle generazioni future di fare lo stesso.
Tra le grandi opportunità di sviluppo sostenibile a Milano, ai nostri giorni, spicca senza dubbio il caso della Fiera. Una grande e antica Fiera che oggi, dopo più di 80 anni, è ospitata da una nuova infrastruttura collegata da strade, autostrade, metropolitana, e anche dalla strada del Sempione, la Statale 33.
Nel 2000, quando abbiamo cominciato, la priorità era quella di spostare la Fiera dal centro di Milano e collocarla in una zona più adatta al suo sviluppo. Non era forse ancora chiaro, allora, quanto grande sarebbe stato l’impatto complessivo della trasformazione, ma in quel momento c’erano gli strumenti per cominciare: l’Accordo di Programma del 1994, la competenza della regione sull’Ente Fiera, e un’area per costruire la nuova sede, individuata nel quadrante Nord-Ovest di Milano, allora inquinata e in cattive condizioni, ma strategica per la sua collocazione. C’erano poi due vantaggi, come motori: la possibilità di bonificare un’area molto vasta in fase di degrado, e l’opportunità di rilanciare l’economia di una comunità colpita dalla crisi postindustriale attraverso una grande macchina come la Fiera. Così è stato, anche grazie all’accordo e all’impegno delle istituzioni, che hanno colto l’importanza del progetto e hanno contribuito al suo successo, creando le infrastrutture pubbliche di collegamento: bisognava potenziare l’esistente, creare nuovi collegamenti ferroviari, immaginare un solo percorso che collegasse l’intero Nord Italia in un sistema, in una città infinita.
Oggi la Fiera opera nella sua nuova sede, bellissima e di grande impatto, sia per la competitività del sistema fieristico sia per l’immagine dell’Italia e di Milano nel mondo.
Come sarebbe bello rivedere a Milano un’Esposizione universale, e proprio ora, con una nuova grande Fiera pronta per ospitarla. Per questa ragione, anche Fondazione Fiera Milano ha partecipato con entusiasmo alla candidatura per l’Expo 2015 attraverso le società del suo gruppo, Sviluppo Sistema Fiera e Fiera Milano. Ha supportato il comitato organizzatore durante tutta la fase di predisposizione del dossier per la candidatura, fino alla sua esposizione ai commissari del BIE (Bureau International des Expositions), e anche durante l’ispezione effettuata a Milano lo scorso ottobre.
La Fondazione ha inoltre fornito un contributo tecnico alla redazione di alcuni capitoli del dossier di candidatura, sviluppando più di 400 elaborati costituiti da relazioni, disegni, immagini e simulazioni, che descrivessero il sito proposto per l’Esposizione, lo spazio fornito ai partecipanti, l’inquadramento della funzionalità dell’area, la stima dei costi di realizzazione e il piano di sviluppo e di utilizzo successivo all’evento Expo. Al tempo stesso ha messo a disposizione la propria esperienza nel campo dell’organizzazione di grandi eventi espositivi per valutare e convalidare le scelte intraprese in campo tecnico e logistico. Con la collaborazione di tutte le società del gruppo, la Fondazione Fiera Milano sta continuando a promuovere Expo 2015 nell’ambito delle manifestazioni internazionali che si svolgono nei due quartieri espositivi di Fieramilano a Rho-Pero e di Fieramilanocity; si tratta di un veicolo di comunicazione importante soprattutto verso tutti coloro che visitano la Fiera, un pubblico nazionale e internazionale di possibili visitatori e promotori dell’Esposizione.
Milano, fino a qualche anno fa, sembrava una città ferma, eppure nascondeva un gran desiderio di cambiare: aveva solo bisogno di slancio per cominciare. La trasformazione del sistema fieristico milanese ha segnato un punto di inizio. Sono nati molti progetti di riqualificazione urbanistica e di valorizzazione delle eccellenze della città e della regione, fino alla candidatura per Expo 2015. Anche a livello internazionale Milano ha fatto parlare di sé: si è confrontata con le grandi capitali europee, e i progetti e i plastici della nuova Fiera e quelli dei luoghi del “rinascimento milanese” sono stati accolti nel mondo, in tutti i continenti.
Ma se non ci fosse stata l’Esposizione universale, sarebbe nata la Fiera? E Milano, la nostra Milano, cosa sarebbe diventata? Forse, come fecero allora i nostri padri, anche oggi bisogna arrischiarsi a guardare lontano: guardare a quegli anni, a 100 anni fa, quando lavoravano insieme nazioni diverse, istituzioni, mercato, nuove frontiere, nuove economie. Guardare al lungo periodo, e non solo ai risultati del presente.
Quella preveggenza di allora, pur col mutare dei tempi, sembra essere una visione strategica anche per l’oggi. Perché ancora, senza la città, il territorio e chi lo governa, le persone che lo abitano e vi lavorano, chi compra e chi vende, chi inventa e chi copia, non esisterebbe la Fiera, come grande luogo degli scambi. E sarebbe un peccato.
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