Professor Sen, il 2015 è una scadenza di importanza cruciale per il mondo intero. Per quanto riguarda gli Obiettivi di sviluppo del millennio, come sradicare la povertà estrema e combattere la fame, quanta strada è stata fatta finora verso il raggiungimento di questi obiettivi?

Temo che la risposta non sia molto incoraggiante, nel senso che gli obiettivi sono ancora molto distanti. A quest’ora dovremmo essere molto più avanti di quanto non siamo in realtà. Penso sia molto difficile porsi obiettivi estremamente ambiziosi per il mondo intero senza possedere la capacità, i meccanismi e le strutture istituzionali che possono collegare le azioni alle finalità definite negli Obiettivi. E così c’è ancora molta strada da fare, ma ritengo che non si debba avere una visione troppo pessimistica della situazione, perché in questo genere di cose parte dell’obiettivo consiste proprio nell’attirare l’attenzione sull’importanza di problematiche quali l’analfabetismo, la fame, la discriminazione delle donne e la diffusione delle malattie.
Gli Obiettivi di sviluppo del millennio hanno giocato un ruolo importante nell’attirare l’attenzione su questi temi coinvolgendo i vari Paesi, ai quali è stato chiesto di contribuire in base alle possibilità di ciascuno, anche se la realizzazione, dobbiamo riconoscerlo, ha lasciato molto a desiderare. Il 2015 sarà una data molto importante non solo per vedere a che punto siamo, ma per riconsiderare e ripensare questi obiettivi; suppongo che tutto ciòsia collegato all’Expo che si terrà in un anno di grande fermento intellettuale, in cui si esaminerà che cosa sarebbe potuto accadere, che cosa non è accaduto e perché. Il 2015 è dunque l’anno giusto per ripensare a tutto questo. Non penso che potremo andare in giro a stappare bottiglie di champagne per brindare al successo che abbiamo avuto nel raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del millennio: non ritengo sia il modo giusto per guardare al 2015, per guardare avanti. Dobbiamo guardare al 2015 come a un anno di programmi concreti e di maggiore determinazione verso l’impegno assunto, con un più rilevante supporto istituzionale.
 
Professore, a quanto pare i cambiamenti del clima sembrano aver peggiorato anziché migliorato i problemi di chi soffre di povertà, sottosviluppo e mancanza di cibo. Qual è il modello o il sistema di procedure che ritiene più appropriato per affrontare e superare tali problemi?



Le procedure, innanzitutto, sono molto difficili da identificare, non solo perché è necessario coinvolgere istituzioni, definire politiche pubbliche e portare avanti azioni pubbliche e private, ma anche perché dipendono dalla natura stessa del problema. Nel caso del clima, al momento il problema principale consiste nell’attirare efficacemente l’attenzione del mondo intero sulla sua urgenza, e come saprete ci sono già stati molti dibattiti sull’argomento. Penso che l’Europa sia quella che si sta impegnando maggiormente, mentre il sostegno ufficiale da parte dell’America è ancora molto scarso. In passato c’era molto più sostegno di quanto non ce ne sia ora, anche se da alcuni segnali sembra che le cose potrebbero cambiare. Ritengo però che attirare l’attenzione su questi temi faccia parte di quelle che lei chiama procedure, perché non è possibile applicare una procedura senza avere uno scopo per cui applicarla.
Volendo esaminare un problema specifico, per esempio la sicurezza del cibo, possiamo pensare al problema delle carestie, fenomeni improvvisi che causano la morte e la denutrizione di milioni di persone. Questi problemi sono stati studiati per decenni, e oggi alcuni tipi di carestie possono essere evitati con estrema facilità, come dimostra il fatto che nella maggior parte dei Paesi del mondo il problema delle carestie è stato risolto. È piuttosto semplice da evitare: occorre garantire che le persone abbiano i mezzi per acquistare il cibo, e che abbiano la possibilità di guadagnare a sufficienza; se non possono farlo tramite i naturali processi di mercato, lo Stato deve fornire i posti di lavoro e il reddito aggiuntivo necessari. Penso che queste cose siano note a tutti, e non voglio dire che la situazione sia peggiorata, anzi penso che per quanto riguarda le carestie sia molto migliorata. Uno stato di costante sottonutrizione è però un problema molto diverso, perché non è un fatto drammatico, nessuno muore all’improvviso per la sottonutrizione, che è un processo graduale. Tuttavia, un livello di sottonutrizione anche modesto nel lungo periodo aumenta il tasso di mortalità e la predisposizione alle malattie, rende più difficoltosa l’istruzione, perché impedisce il funzionamento ottimale del cervello dei ragazzi, che richiede molto nutrimento. Esistono perciò aspetti molto meno tangibili di cui è necessario occuparsi, sia attraverso un’analisi più approfondita, un esame più critico della natura del problema, sia valutando le varie modalità con cui rendere una maggior quantità di cibo alla portata delle fasce più povere della popolazione, oltre che le modalità con cui esso deve essere distribuito all’interno delle aree geografiche e nelle famiglie, tra uomini e donne, adulti e bambini e così via.
Il tema è pertanto molto complesso, pieno di domande a cui rispondere, e non esistono procedure standard che si possano applicare. In tutti i casi, comunque, una chiara comprensione della natura del problema costituisce già un notevole passo avanti verso la sua soluzione, e penso che questo sia il genere di cose che, nel contesto di una discussione globale (che credo sia quella che Milano ha intenzione di avviare), può giocare un ruolo determinante: io credo infatti fermamente nell’illuminismo, nell’uso della ragione che illumina, come fenomeno non solo europeo, ma che si sta verificando in tutti i Paesi del mondo, inclusi India, Cina e così via. Forse non tutti ricordano che il fondatore del Buddhismo è stato Gautama Buddha, e Buddha significa l’Illuminato. L’illuminismo è da sempre l’arma più efficace per risolvere i problemi, in tutto il mondo, ed è proprio di questo che abbiamo bisogno. Io spero che nelle discussioni che avranno luogo a livello globale, ma anche nel contesto delle esposizioni e degli altri incontri che si terranno tra oggi e il 2015, ma in particolare nel 2015, ciò potrà giocare un ruolo importante nell’identificazione delle procedure da applicare.



Che contributo speciale Milano e l’Italia possono dare all’Expo dedicata al cibo, al benessere della persona?

Penso che lo abbia espresso molto bene, che questo sia il modo corretto per guardare al problema: il benessere di uomini e donne è il modo giusto per pensare all’intero problema, e il cibo ne costituisce un aspetto centrale. Non penso sia solo un problema di nutrimento: cibo è anche una vita soddisfacente, e in questo l’Italia ha naturalmente un grande vantaggio. Penso che molte persone ritengano, e io stesso lo ritengo, che l’Italia abbia probabilmente la migliore tradizione culinaria al mondo. È importante che oltre a disporre delle calorie, delle proteine, delle vitamine e dei minerali di cui hanno bisogno, le persone abbiano a cuore l’intero problema del cibo. C’è anche un problema tecnologico, ossia come aumentare la quantità di cibo, che al momento non costituisce un ostacolo, senza dimenticare che da più di 100 anni i prezzi dei generi alimentari stanno scendendo rispetto a quelli dell’industria. Come tutti sanno, l’espansione industriale è stata molto rapida, ma la domanda di cibo non ha mai superato l’offerta, in alcun senso. D’altro canto, però, con i mutamenti climatici questi problemi potrebbero emergere, e certamente è molto importante passare da un programma minimo, in cui ci si limita a evitare le carestie e la sottonutrizione estrema, a una situazione in cui le persone siano ben nutrite e soddisfatte delle proprie vite, cosa che comprende la possibilità di disporre di buon cibo, sempre e in abbondanza. Ritengo che Milano possa essere il posto giusto per pensare a tutto questo, per la sua lunga tradizione e la varietà di cibi, dai tempi dei romani, al Rinascimento, fino a oggi; penso inoltre che lo spirito imprenditoriale e il desiderio di trovare modi sempre nuovi per arrivare all’eccellenza, che io ritengo sia una delle principali caratteristiche che determinano la superiorità del design italiano, siano molto importanti anche nel contesto dei problemi globali e sociali.
Spero dunque che alla fine riuscirete a portare questa esposizione a Milano, e che possa ricevere tutta l’attenzione che ci si aspetta da Milano, e che, sono certo, Milano è in grado di offrire.



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