L’hanno ammazzato in un impeto di odio per aver rubato una scatola di biscotti. Ma come mai può accadere una cosa del genere? Ha ragione chi ha già ridisegnato Milano come un Bronx dominato dal razzismo e dalla xenofobia di “destra”? Chi ragiona così mistifica, così come mistifica chi descrive Milano e la Lombardia come un luogo in cui la razza padana pura deve difendersi dall’attacco dei barbari stranieri. Milano e la Lombardia, più di altri luoghi italiani, hanno vissuto il continuo incontro di popoli diversi – Camuni, Galli, Romani, Longobardi, Franchi e poi, via via, nel corso dei secoli, Tedeschi, Spagnoli, Francesi, Austriaci – che, dopo essersi combattuti, si sono ricomposti in una popolazione profondamente unita, capace di valorizzare, nelle nostre città, le diverse identità in un destino comune. Quale è il segreto di questa storia plurimillenaria? E’ l’esperienza di una identità, umana e cristiana, forte, capace di educare ognuno al valore unico e irripetibile della persona, al carattere relazionale dell’esistenza, e, perciò, al valore della famiglia, della comunità locale, del gruppo sociale, delle realtà etniche. Per questo, persino il secolo dei Lumi, a Milano, ha prodotto un dialogo per il progresso, tra laici e credenti, ben lontano dalle violenze efferate della rivoluzione francese. Per questo, a differenza che altrove, anche in Italia, nei due secoli scorsi, la convivenza tra un cristianesimo amante della democrazia e del progresso spirituale e materiale, un socialismo non massimalista, un liberalismo non antireligioso, hanno fatto di Milano il cuore dello sviluppo del nostro Paese. Per questo, in epoche più recenti, l’immigrazione dal Sud Italia ha modificato il volto etnico del milanese e del lombardo, senza creare ghetti come altrove, ma permettendo un destino di prosperità operosa, non solo a chi non l’aveva nel suo luogo di origine, ma per tutti.
Proprio quando vengono meno questi ideali vissuti, incentrati sul valore unico di ogni singolo uomo, la convivenza degenera, ci si rinchiude in se stessi. Ciò avviene non solo quando si inneggia alla razza, ma, più frequentemente, quando si propaganda un relativismo senza valori e senza certezze e si riduce il cristianesimo a vago sincretismo universale, pensando così di creare tolleranza. C’è chi si illude di riempire il vuoto che ne consegue cercando potere e ricchezza, c’è chi, perdendo la propria identità, si sente minacciato da quella degli altri e comincia a odiare il “diverso” per etnia, politica, gruppo, religione, classe.
Perciò, il futuro positivo di Milano non è nei predicatori del nulla, negli pseudo-moralisti intrisi di ideologie che si sentono purtroppo anche in questi giorni, ma nelle miriadi di comunità locali, parrocchiali, movimenti, associazioni, circoli, imprese e realtà concrete, dove continua una tradizione di vita vissuta intrecciata di ideali, di carità verso persone reali, di lavoro che diventa occasione di redenzione umana e sociale per tutti. Una amministrazione particolarmente attenta allo sviluppo e a una sussidiarietà solidale, valorizzatrice di quanto di buono si muove, sarà di aiuto in questo difficile cammino.



(Il Giornale 17 settembre 2008)

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