Il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT) del Comune di Milano contiene interessanti spunti di riflessione. C’è chi sostiene che questo nuovo PGT rappresenti un prodromo alla nuova cementificazione di Milano. C’è chi invece afferma che questo intervento impedisce le libertà di impresa in campo edilizio.
Per afferrare la logica di questo intervento occorre tenere conto di tre ordini di considerazioni. Una delle evidenze più grandi da cui nasce questo piano è lo stato di trascuratezza del territorio comunale e dell’area metropolitana di questi anni. Dal ‘54 ad oggi, con tutti i vincoli posti, il tasso di utilizzazione del territorio è passato dal 35 al 73 per cento. Lo spreco di suolo dei comuni della fascia limitrofa al comune di Milano è sotto gli occhi di tutti. Non c’è un’idea, un progetto, una ragione nella mancanza di logica che caratterizza la cementificazione disordinata di comuni che non hanno più un metro di verde, non hanno servizi e hanno una viabilità caotica.
Il verde non può essere limitato alle aiuole, e non può essere considerato un buon uso del territorio il proliferare sconsiderato di villette a schiera, capannoni, centri commerciali, uffici. Senza contare l’enorme quantità di alloggi sfitti, uffici non utilizzati caratterizzano il tessuto urbano (Stefano Boeri, citando dati di una società leader nell’ambito dei servizi di investimento e nella gestione degli immobili commerciali – Jones Lang LaSalle -, ha più volte detto essere pari a circa 30 Pirelloni riferendosi ai soli uffici sfitti).
Il PGT, concependo una città con edifici che possono svilupparsi in altezza, e vaste aree verdi tra loro collegate attraverso raggi orizzontali e ricostruzioni di grandi parchi di cerniera, si oppone a tale logica e si inserisce in tre proposte degne di nota degli ultimi anni. La prima è la proposta del professor Boeri e di molte associazioni di circondare il tessuto metropolitano con una cintura boschiva che permetta quindi di ripensare la vita stessa dei cittadini milanesi.
La seconda è l’istituzione e la salvaguardia del Parco Sud, cintura verde che preserva e valorizza un’area agricola naturalistica di straordinaria importanza al sud di Milano. La terza è l’idea concretizzatasi nella presentazione del master plan dell’Expo di avere come luogo centrale della manifestazione un orto botanico planetario, simbolo di questa continuità città-campagna che caratterizza il Sud di Milano, ponte che potrebbe portare a una integrazione tra area agricola produttiva e consumo della metropoli.
Tali idee integrandosi con la filosofia del PGT possono permettere agli abitanti dell’area metropolitana milanese un nuovo rapporto con il territorio e di abitare in una città moderna che non si sparga in modo disordinato come un uomo che ingrassasse per un’alimentazione senza regole.
Il secondo aspetto interessante del PGT è il superamento di un ente pubblico chiuso in se stesso che pensa di rispondere ai bisogni dei cittadini con i servizi pubblici senza tener conto delle risposte della società civile sussidiaria e senza dialogo con gli operatori. Nel primo caso si concepisce come servizio pubblico quello che ha valore pubblico, qualunque sia il soggetto erogatore: è un principio di realismo capace di valorizzare le risorse di una città viva e vitale e, nello stesso tempo, capace di distinguere l’idea di pubblico (pubblica utilità) e di statale (gestita dall’ente pubblico).
Nel secondo caso il PGT instaura un dialogo con gli operatori proponendo loro di partecipare alla costruzione della città attraverso lo strumento perequativo e compensativo acquisendo così aree o servizi funzionali al bene comune. Il nuovo rapporto pubblico/privato che ne risulta costruisce, anche in questo caso in modo dialogante e sussidiario, la configurazione della città, invece di procedere in modo autoritario e autoreferenziale per poi cedere sotto banco a clientele ed ottenere edificazioni caotiche.
Per questo la sfida del PGT è una sfida culturale che sta a tutti accettare e sostenere in una corresponsabilità matura e consapevole.