Ho ricevuto stamane questa lettera per Dhl. Penso si sintetizzino in essa degli utili elementi di riflessione per i lettori de IlSussidiario.net e desidero, quindi, con il consenso di colui che me l’ha inviata, porla a disposizione  di tutti:

“Caro prof,
ricordi le nostre discussioni, quando tu eri qui a Canberra, sulla possibilità che io e Linda avevamo intravisto di poter ritornare in Italia e precisamente a Milano, dopo dieci anni ormai di permanenza qui in Australia: prima a Sidney e poi qui, nella capitale, io all’università e Lei al ministero degli Esteri? Ora siamo cittadini australiani e a tale cittadinanza non rinunceremmo certo, ma, tuttavia la proposta che Linda ha ricevuto è così allettante e importante per tutti noi che stiamo esplorando attentamente la possibilità di trasferirci tutti, unitamente alle due bambine, che hanno – lo sai! – sei e nove anni, a Milano.



Ricordo ciò che tu ci dicevi della città, vecchio cittadino del mondo: un disastro come scelte politico-generali in merito alle sue imprese municipali, che pur offrivano ancora buoni servizi (erano i tempi in cui ti occupavi di tali questioni), ma un esempio preclaro, nel contempo, di buon governo nella sanità pubblica e in generale nella cura delle persone: l’unica città europea d’Italia, dicevi. Quei discorsi che tu facevi di malavoglia, perché t’interessavi ossessivamente dell’Oceania e dei nostri problemi nazionali, quei discorsi, ci tornano alla mente.



Linda si chiede continuamente, per esempio: a Milano si può uscire di sera, anzi di notte, alle 11 pm e comperare una medicina, un chilo di carne, un po’ di frutta e un paio di golf ecc., come facciano qui da noi grazie a una totale liberalizzazione degli orari commerciali che ci consente di soddisfare ogni esigenza ventiquattr’ore su ventiquattro? E poi, sempre Linda, ma anch’ io perché come sai sono addetto al trasporto delle bimbe, sempre Linda si chiede quali e quante siano le scuole pubbliche efficienti e gli asili (sì, abbiamo voglia di avere un altro figliolo e questo incide non poco sulle nostre scelte), così sentirci al sicuro con i nostri figlioli dal punto di vista educativo. 




Per noi questa è la sicurezza essenziale: quella della protezione delle potenzialità creative, generative, dei figlioli e non vorremmo che disagi, noncuranza e non impegno da parte dei reggitori della cosa pubblica questa sicurezza mettano in pericolo. E poi Linda è in pensiero per sua madre, che è vedova e che vive a Francoforte: ha ormai 83 anni. Da tempo pensiamo, insieme, di convincerla a raggiungerci. Certo non accetterebbe mai di terminare i suoi giorni in un ospizio, soprattutto ora che ha sperimentato l’ assistenza sociale per gli anziani del comune di Francoforte, che le consente di vivere con dignità una vecchiaia allietata tuttavia dalla cura che oltre agli operatori del Comune le assicura una cooperativa di giovani studenti del suo stesso stabile  che viene incentivata con speciali politiche pubbliche a occuparsi degli anziani del quartiere.

Il quartiere… certo qui a Canberra non esiste una vita di comunità. Questo ci pesa molto e vorremmo, se torniamo in Italia e a Milano, poterla ritrovare, con attività sociali di ricreazione e di socializzazione culturale di una certa qualità anche laddove abitiamo, così come era un tempo nelle mia piccola cittadina veneta, dove io sono cresciuto e  pensavo di vivere prima di incontrarti nel corso dei miei studi universitari.

Noi siamo convinti, sull’esempio di Sidney, che le città vivano e si riproducano con qualità se attraggono giovani energie culturali, artistiche, intellettuali con politiche acconce; penso alla favolosa “casa per artisti” di Sidney! Cosicché dall’arte e dall’avanguardia culturale si possano creare delle masse critiche di trasformazione mentale che incidono, come tu mi ricordavi sempre tanti anni or sono, dopo aver assisto alla mostra londinese  “Sensation” degli anni Ottanta e alle trasformazioni epocali che ne seguirono nei campi più disparati, financo nell’immobiliare e nella trasformazione urbana di qualità e a misura d’ uomo. 


Certo questo è incompatibile con l’attuale programmazione scaligera e la gestione opaca delle esistenti istituzioni culturali, che dovrebbero svolgere questo ruolo: non di quelle, invece, dedite alla pura conservazione storico-museale, che funzionano benissimo e sono un esempio anche qui in Australia. Insomma, siamo in grandi ambasce e non riusciamo a deciderci…”.

Inizia, mi sa, con questa cara e accorata lettera, una corrispondenza epistolare che m’impegnerà, di questi tempi, non poco…