Come è possibile che una delle più prestigiose agenzie immobiliari di Milano, la Tirelli & Partners, si improvvisi di punto in bianco centro culturale per promuovere una mostra dedicata a un pittore del Duecento senese, Ambrogio Lorenzetti, oggi noto solo agli addetti ai lavori?
Tutto comincia con un evento in sé banale: l’infelice battuta del ultranovantenne senatore Andreotti circa l’avvocato Ambrosoli, il liquidatore del Banco Ambrosiano assassinato per ordine di Sindona, che, secondo lui, “se l’era cercata”. Una frase come tante, benché subito enfatizzata dai media, come d’uso nel clima avvelenato di questi giorni, buona solo per qualche malevola chiacchiera da bar, in cui, giudicando il male del prossimo, uno dimentica per un momento il proprio.
Ma il signor Marco Tirelli, proprietario dell’agenzia, è un tipo un po’ particolare, a cui non piace fermarsi agli aspetti superficiali delle cose. Legge un articolo del figlio di Ambrosoli che parla dei valori per cui suo padre è arrivato a dare la vita, e ne è così colpito che convoca un’assemblea dei suoi dipendenti in cui, a partire da quel testo, ognuno dica cosa significa per lui la responsabilità sul lavoro. Una bella idea, che però potrebbe finire lì. Ma da qualche mese nell’agenzia lavorano Arianna e Fabio.
Quando arriva il suo turno, Arianna legge un passo del poeta francese Charles Péguy che parla del senso cristiano del lavoro e di come per chi sia cresciuto in questa tradizione anche la gamba di una semplice sedia debba essere ben fatta non “per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone”, ma “di per sé, con la medesima perfezione delle cattedrali”. Il signor Tirelli si entusiasma e decide che d’ora in avanti quel passo dovrà essere appeso nell’ingresso, per ricordare a tutti, sia dipendenti che clienti, come vuole che si lavori nella sua agenzia. Fabio invece racconta di una mostra dedicata all’affresco di Ambrogio Lorenzetti sul buongoverno e il malgoverno e della concezione dell’uomo e della politica che esso illustra. Il signor Tirelli resta colpito anche da questo intervento, ma la cosa sembra destinata a finire lì. E invece…
Poco tempo dopo la mostra arriva a Milano, presso il World Join Center. Fabio nel frattempo ha cambiato lavoro, ma Arianna si ricorda dell’interesse manifestato dal suo capo e quando viene organizzata una presentazione con Mariella Carlotti, curatrice della mostra, lo invita. Una volta ancora potrebbe finire lì, con una bella serata un po’ diversa dalle altre, ma niente più. Ma abbiamo già detto che il signor Tirelli è un tipo un po’ speciale. Profondamente colpito dalla straordinaria esposizione della professoressa Carlotti, chiede ad Arianna: “Perché, invece delle solite stupidaggini, quest’anno non offriamo ai nostri clienti questa mostra come regalo di Natale?”. Detto fatto: in quattro e quattr’otto i due organizzano l’evento. E così la sera di mercoledì 15 dicembre, sfidando il freddo polare che è calato sulla città, oltre cento persone della Milano-bene si ritrovano nella sala conferenze del WJC per ascoltare quella che pensano sarà una conferenza culturale come tante altre, forse interessante, probabilmente un po’ noiosa.
E invece si ritrovano davanti ad un vero e proprio avvenimento, di quelli che ti possono anche cambiare la vita. Con una straordinaria capacità di immedesimazione, la professoressa Carlotti fa infatti rivivere davanti a loro la Siena del Duecento e i suoi abitanti, che non erano migliori di noi, ma avevano una tale familiarità col mondo soprannaturale che, trovandosi assediati dai fiorentini ed essendo costretti a combattere per la propria sopravvivenza in condizioni disperate, la sera prima si recano prima in Duomo e poi dal notaio, dove, con regolare atto notorio e tutti i crismi di legge, proclamano Maria regina della città. Il giorno dopo sarà la straordinaria (e umanamente inspiegabile) vittoria di Montaperti, cui seguiranno i 90 anni del massimo splendore di Siena, durante i quali la bellezza arriverà a permeare la città a tal punto che perfino i registri delle tasse saranno decorati con meravigliose miniature dei più grandi artisti del tempo.
L’affresco di Lorenzetti verrà eseguito per decorare la sala principale del palazzo del Comune, costruito per celebrare i 50 anni di Montaperti in Piazza del Campo (quella dove si corre il Palio, la cui forma irregolare è dovuta al fatto che riproduce il manto della Vergine così come appare in un famoso dipinto). In esso sono illustrati il bene comune (identificato con il Comune di Siena, secondo l’uso dell’uomo medioevale, per cui un valore poteva esistere solo se incarnato in un’istituzione o una persona concreta) e il bene proprio (cioè l’interesse egoistico della politica preoccupata solo di se stessa) con i loro rispettivi effetti sulla città e sulla campagna. Ma soprattutto è descritta la fonte ultima del bene comune, che si ha solo quando la Giustizia umana tiene gli occhi fissi sulla Sapienza di Dio (che infatti nell’affresco, diversamente dall’uso moderno, è lei a reggere la bilancia). L’applauso finale, lunghissimo e assolutamente non formale, è la migliore testimonianza di come ciò che ha raccontato la Carlotti abbia toccato qualcosa di profondo negli intervenuti.
Poi parla per qualche minuto anche il signor Tirelli, che racconta di come questo affresco di 700 anni fa gli abbia fatto capire che il problema principale dell’Italia di oggi è la riduzione del desiderio, che si chiude in cose di poco conto anziché spalancarsi all’infinito, secondo quella che sarebbe la sua dinamica naturale. Proprio la stessa conclusione a cui è giunto negli stessi giorni il CENSIS usando gli strumenti della moderna scienza statistica, a riprova di come la verità non conosca limiti di tempo e di spazio.
Seguono il cocktail e gli auguri. E c’è ancora spazio per una sorpresa: il signor Tirelli decide infatti di acquistare 100 copie del catalogo della mostra per regalarli a tutti i clienti con cui in futuro la sua agenzia concluderà un contratto. Ma per tutti la sorpresa più grande è stata senz’altro quella di imbattersi in un giudizio sulla politica chiaro e per certi versi anche duro, ma senza la cattiveria capace unicamente di distruggere tipica di questi tempi: un giudizio che è stato per tutti una boccata d’aria pura perché capace di indicare una speranza da cui ripartire. Una speranza per la politica, ma anche e innanzitutto una speranza per la vita di ciascuno (e proprio per questo anche per la politica), a patto che sappiamo raccogliere l’indicazione più importante di Lorenzetti: che solo l’incontro con Gesù Cristo è capace di rimettere in moto il desiderio umano, anche dentro a tutte le brutte possibilità della vita, per trasformarle in bellezza. Per qualcuno forse questo sta già accadendo.