Da otto anni a questa parte tra novembre e gennaio il Museo Diocesano regala a Milano la possibilità di guardare un dipinto proveniente da altre città. Quest’anno la scelta è caduta su un’opera di Filippo Lippi, La Natività con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer. Realizzata attorno al 1456, la tavola offre una notevole testimonianza della pittura di uno dei maggiori protagonisti del Quattrocento toscano; si trovava in origine nel refettorio del Convento di san Domenico a Prato e ora è conservata al Museo Civico della città.



Andare a guardarla con i bambini è una occasione per spiegare con parole semplici le caratteristiche principali del dipinto, come le cinque figure disposte a V a segnalare la centralità del Bambino Gesù, il paesaggio roccioso e i cespugli di piante e fiori finemente descritti, ma anche per lasciarsi introdurre alla lettura affettiva offerta dall’osservazione propria dei piccoli che si concentra sugli sguardi di Maria e di Giuseppe.



Della Madonna colpisce il velo trasparente che la circonda, ma ancor più il fatto che i suoi lineamenti delicati sono il ritratto della donna amata da Filippo Lippi. Il piccolo Gesù avvolto in fasce è adagiato sul suo manto, in una intimità tra madre e figlio che i bambini colgono con facilità, così come sono attratti dall’atteggiamento di san Giuseppe, assorto e concentrato nella preghiera: egli non è il vero padre di Gesù, ma questo non impedisce che egli riveli il suo affetto e la sua cura per colui che gli è affidato.

Un aiuto molto utile per riprendere la visita è il libretto pubblicato da Piccola Casa Editrice a cura di Ad Artem, che racconta la vita di Filippo Lippi, descrive con molta attenzione i particolari del dipinto e infine fa entrare i bambini nella bottega del pittore, proponendo di seguirne i passi nella preparazione dei colori.



La vita non lineare di Filippo Lippi viene narrata in modo semplificato, mettendo in luce il fascino esercitato su di lui fin dagli anni giovanili dalla pittura di Masaccio e Masolino, mentre affrescavano la Cappella Brancacci. Deciso a diventare anche lui pittore, Filippo lasciò il convento di Santa Maria del Carmine a Firenze, dove era diventato frate a soli quindici anni, si recò a Padova, poi tornò a Firenze e lavorò per i Medici. Gli fu affidato un lavoro importante a Prato, dove si trasferì nel 1452 e dove si innamorò di Lucrezia Buti, dalla quale ebbe due figli, uno dei quali divenne a sua volta un famoso artista.

Seguendo passo a passo il libretto, emergono dalla descrizione dell’opera molti elementi che il primo sguardo aveva trascurato, ma che si trovano in ogni presepe che si rispetti: la presenza degli angeli e dei pastori, la mangiatoia, il bue e l’asinello parlano di una storia veramente accaduta.

I santi raffigurati ai lati, san Giorgio raffigurato come un angelo lottatore e san Vincenzo Ferrer, un frate predicatore del tempo, sembrano essere testimoni della scena della nascita di Gesù. In un certo senso essa, avvenuta una volta nel tempo, sempre riavviene non solo nell’annuale ripetersi della festa del Natale, ma come avvenimento per sempre presente nella storia degli uomini.

Così, con l’aiuto dello sguardo dei bambini e con quello di un libro scritto apposta per loro, anche chi è più grande viene a conoscere un dipinto pieno di tenerezza e carico dell’esperienza pittorica di un’epoca centrale dell’arte italiana.

 

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