Immaginatevi un ragazzino intelligente che legge a fatica, che, quando scrive, commette errori o ha una grafia incomprensibile, un ragazzino che ha difficoltà di concentrazione, scarsa memoria a breve termine, scarsa organizzazione del proprio lavoro, difficoltà nei calcoli o a operare con i numeri.
Seguitelo in classe: per lui copiare dalla lavagna, prendere appunti, recuperare rapidamente un’informazione contenuta nel testo, mantenere l’attenzione necessaria per completare un’attività è un’impresa ardua ed estremamente faticosa.
La fatica, il senso di impotenza, di frustrazione lo accompagnano in genere nelle ore di scuola, finalmente il suono della campanella sembra liberarlo da tanta difficoltà.
Il pomeriggio però si presenta con una sinistra consegna: “fare i compiti”.
Inizia un’ improba fatica in cui il tempo dello studio si dilata, gli esercizi sembrano non finire mai e lo studio si prolunga fino a sera con l’intervento del genitore che fa, completa, sostiene …ma il tempo non basta per finire l’ultima consegna!
Di fronte a questa situazione, che statisticamente riguarda il 4% della popolazione scolastica, un gruppo di docenti provenienti da esperienze diverse ha accettato la sfida di trasformare i compiti da fatica a possibilità di riuscita, da avversari ad amici.
Nasce così a Milano nel settembre del 2007, il doposcuola per alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) denominato “Compiti Amici” promosso dalla Cooperativa San Tommaso Moro, ora Fondazione Grossman, servizio aperto al territorio e attualmente finanziato dal Comune di Milano con i fondi della l. 285.
Ormai da quattro anni, 2 volte alla settimana, 39 ragazzini di scuola media salgono al sesto piano dell’edificio scolastico in via Inganni, ma anche nelle altre sedi del progetto, la SMS Rinascita e la scuola La Zolla di via Carcano, per affrontare il lavoro del pomeriggio.
Sciamano allegri nelle aulette di studio, si insediano a gruppi di tre, accolti dal loro docente/tutor.
All’abituale zaino colmo di testi scolastici uniscono la valigetta del computer, personale o fornito dal doposcuola.
Dalle 14,15 alle 17,15 è un lavorare sodo per affrontare, semplificare, riformulare, eseguire il compito.
Giulio è alle prese con una mappa concettuale che riassume il paragrafo di storia studiato, Anna svolge una espressione al computer che si snoda chiara sullo schermo, Pietro con le cuffie ascolta la lettura del capitolo del testo di narrativa assegnato dalla sua insegnante.
Lentamente grazie al docente che presenta strategie di studio mirate, che riconduce sempre ai passaggi razionali sottesi alla consegna, che introduce l’uso di alcuni programmi del computer, il “compito” si realizza e si realizza anche bene, in una forma grafica interessante, proponibile anche al docente di classe ed ai compagni.
L’esperienza di frustrazione e di inutilità del proprio fare, di rinuncia, lascia pian piano il posto alla fiducia in sé, all’audacia di eseguire una consegna in modo autonomo, alla conferma del proprio valore di persona.
Cosa ha reso possibile tutto questo? Quel gruppo iniziale di docenti, che in questi quattro anni è cresciuto e si è variegato, ha realizzato con creatività ed intelligenza una didattica mirata agli alunni con DSA, che permettesse loro di utilizzare strategie compensative, valorizzasse al massimo la loro razionalità, aggirando quell’impaccio in alcune abilità che, purtroppo, per l’apprendimento sui banchi di scuola sono ritenute spesso imprescindibili.
Ogni giorno dall’esperienza di insegnamento agli alunni con DSA e dal rapporto personale con loro e con le loro famiglie i docenti di Compiti Amici hanno costruito una didattica “amica”, che ha saputo valorizzare efficacemente percorsi multisensoriali, l’utilizzo del computer e altri mezzi compensativi.
Da alcuni mesi lo staff di "Compiti amici" si è fatto carico anche di rispondere alle numerose richieste di consulenza da parte di docenti quotidianamente alle prese con alunni dislessici.
Sono partiti corsi di aggiornamento e laboratori di progettazione didattica in alcune scuole medie di Milano e dell’interland, con l’intento di verificare e rimodellare sul campo le proprie strategie.
Dentro la condivisione di un bisogno è nata così e cresce la possibilità di imparare, riflettere e progettare strumenti sempre più adeguati non solo per chi vive questa difficoltà, ma anche per tutti gli alunni.