Poco tempo fa il Corriere titolava nella propria sezione Cultura: “Miracolo a Milano”, lasciando intravedere le guglie del Duomo sullo sfondo. Una bella soddisfazione vedere abbinato il capolavoro di De Sica, Grand Prix du Festival alla 4° edizione di Cannes, ai primi risultati di un lavoro svolto in profondità – e nonostante mille difficoltà – dalla nuova gestione della Lombardia Film Commission, iniziata poco più di un anno fa.
Ma cos’è una Film Commission? Oramai ogni regione ne ha una, e non è solo un fenomeno italiano (l’associazione internazionale – Afci – conta 320 iscritti). In Italia e all’estero, i compiti principali di una Film Commission sono due: promuovere le location più adatte per la realizzazione di opere cinematografiche e audiovisive, offrire alle produzioni servizi e incentivi come ulteriore attrattiva.
Per fare tutto questo occorre ovviamente una struttura con personale qualificato, competenze organizzative e di comunicazione, risorse per pagare il personale, comunicare, offrire incentivi.
Il lettore si può immaginare quale sia stata la sorpresa nello scoprire che la struttura lombarda era “il fanalino di coda” delle Film Commission italiane.
Ma come? Non stiamo parlando della Regione più ricca del Paese e della sua capitale morale? Eppure era così, e era inutile stare a recriminare più di tanto: evidentemente c’erano state altre priorità. Peccato che nel momento in cui i vertici di Regione Lombardia e Comune di Milano avevano deciso di invertire la rotta…si è abbattuta sulle spese degli Enti Locali la scure del Ministero del Tesoro che ha chiuso immediatamente i rubinetti…
E così, cosa si è fatto? Riposti i fazzoletti per le lagrime, si è impostato comunque un piano strategico di lungo respiro, da sottoporre sia ai soci della Fondazione (che oltre ai due citati sono Unioncamere Lombardia, Fondazione Cariplo, Fondazione Fiera Milano) che ad altri Enti pubblici e privati.
Il piano prevedeva (e prevede) un’accurata analisi dei punti forza e di debolezza, la riqualificazione del personale, il miglioramento dei servizi, una capillare e mirata comunicazione degli stessi… ma, prima di ogni altra cosa, la soluzione di una serie di problematiche burocratiche e amministrative che avevano reso Milano – agli occhi dei produttori – “nemica del cinema”. Al punto che (evidentemente per pura disperazione) “Le cinque giornate di Milano” sono state girate a … Torino!
E infatti la lista dei punti di debolezza era paurosamente lunga e penosa: Milano era l’unica città italiana a imporre ai produttori ben due odiosi balzelli (la tassa di Occupazione suolo pubblico e la Tassa Immagine), per non parlare di una complessa burocrazia per la concessione dei permessi (una gimkana anche di 40 giorni tra vari uffici comunali e soprattutto tra 9 vicecomandi diversi di Vigilanza Urbana). Mentre a Torino i permessi si ottenevano on-line in 5 giorni, insieme a una serie di sostanziali aiuti. Figuriamoci quando si scoprì, per ammissione dell’allora City Manager Dr. Sala, che inoltre la gestione amministrativa di quelle due odiose tasse costava più del loro incasso…
L’adeguata moral suasion verso il Comune (immediatamente raccolta dagli Assessorati alla Cultura e alle Attività Produttive) ha prodotto in meno di sei mesi l’abolizione delle due tasse, mentre il personale e attento interessamento del Sindaco Moratti presso il Comando della Vigilanza Urbana ha fatto sì che la concessione dei permessi, una volta valutati dalla Film Commission, venisse accentrata in un solo ufficio centrale della Vigilanza medesima, così da poter permette la mappatura del territorio e conoscere anche in anticipo eventuali intoppi e sovrapposizioni di eventi.
Contemporaneamente si è stabilito una sorta di Telefono Rosso con il Gabinetto del Sindaco per la soluzione di problematiche critiche come la concessione – dietro adeguate garanzie – dell’impiego di particolari luoghi d’arte, musei eccetera (permessi che necessitano di un’opera di convincimento verso Enti “non facili” come la Sovrintendenza delle Belle Arti e le Direzioni dei Musei).
Insomma in poco tempo i meccanismi arrugginiti hanno ricominciato a muoversi e dato che il mondo del cinema e della tv è forse il luogo dove il “passaparola” impera con maggior forza, gli avventori che prima non entravano nemmeno nel ristorante, hanno cominciato a chiedere il menù… che hanno cominciato a trovare anche sui loro giornali specializzati e su un sito in via di ristrutturazione (che comprende anche un database di 26 mila immagini), l’offerta di location manager gratuiti e production manager dedicati, consulenze su post-produzione e attrezzature digitali e via di questo passo.
Il “Miracolo a Milano” ha prodotto solo negli ultimi sei mesi del 2010 un fatturato speso sul territorio da parte delle case di produzione di oltre 9 milioni di euro (in servizi tecnici, noleggi, mano d’opera, ospitalità alberghiera) per non parlare del ritorno di immagine, che in certi casi non ha prezzo: la concessione della Sala del Cenacolo a un reality sulla moda trasmesso da Sky in 120 paesi, per riprese non pericolose per l’affresco, sta portando in questi giorni Leonardo e Milano in tutto il mondo. Ma siamo solo all’inizio: perché un conto è proporre bei luoghi, un conto è proporre luoghi insieme a una storia da raccontare.
Così, riflettendo sul fatto che uno dei principali asset di Milano e Lombardia risiede nel mondo della moda e del design, s’è fatta un’intensa promozione di questo concetto per un anno, in seminari, interviste, mostre del cinema. Risultato: una delle più importanti case di produzione di fiction televisive italiane, la Publispei (Il medico in famiglia, I Cesaroni, Tutti pazzi per amore) ne girerà ben due di diverse puntate su questo tema a Milano.
Adesso tocca alla Camera della Moda e agli assessorati competenti cercare di far convogliare un po’ di risorse tramite forme diverse finanziamento come product placement, pubblicità, sostegni diretti. In queste ore, la Colorado Film (Happy Family di Salvatores) ha inoltre annunciato un nuovo film da girare a breve tra Milano e Como. Segno che il “miracolo” sta diventando un circolo virtuoso.