Un fondo da sei milioni di euro per sostenere tutte le persone che risiedono o lavorano a Milano, e che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. A gestirlo è la Fondazione Welfare Ambrosiano, creata da Comune di Milano, Provincia, Camera di Commercio e organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl e Uil. Ilsussidiario.net ha intervistato Massimo Ferlini, rappresentante della Camera di Commercio nella Fondazione, per farsi illustrare l’origine e gli scopi di questo nuovo soggetto.



Da dove nasce e quali sono le finalità della Fondazione Welfare Ambrosiano?

L’idea nasce da un’intuizione lanciata nella Camera di commercio a partire da una riflessione sui bisogni della città e ripresa dall’allora sindaco Letizia Moratti al Meeting di Rimini. L’impegno era quello di riutilizzare assieme un fondo nato alla fine degli anni ’70 e che era stato accumulato dai sindacati, d’accordo con il Comune, per contribuire all’accesso al lavoro delle donne. Il fondo per un totale di sei milioni di euro, mai utilizzato e rimasto quindi giacente, è stato rimesso in moto dalla volontà di Camera di Commercio, Comune, Provincia e dei tre sindacati. L’obiettivo è soprattutto fornire un aiuto a quella “zona grigia” costituita dalle persone che non riescono a rispettare le scadenze del mutuo, le rate dell’università per i figli o spese straordinarie per delle cure mediche. Tutti quegli incidenti cioè che possono portare una famiglia normale a scivolare sotto la soglia della povertà, e che invece attraverso un sostegno economico possono essere affrontati e superati. Da qui nasce l’idea di una fondazione in grado di ridisegnare il welfare ambrosiano, per rispondere ai nuovi bisogni e alle necessità che si pone chi vive e lavora a Milano.



Quali sono le ragioni per cui il welfare attualmente esistente non è sufficiente per Milano?

Innanzitutto per il fatto che a Milano lavorano migliaia di persone che non hanno la residenza in città, ma che di fatto ne sono cittadini a tutti gli effetti. La Fondazione quindi si rivolge a coloro che lavorano a Milano, indipendentemente dalla città da cui provengono. Riprendendo lo spirito del vescovo Ariberto che mille anni fa nel Codice cittadino definiva che chi entra a Milano e lavorando contribuisce al benessere della città diventa cittadino milanese. La volontà della Fondazione è esattamente la stessa. In secondo luogo, oggi abbiamo un sistema di welfare con due tipi di problemi: non riuscire a rispondere a tutti i bisogni e non avere le risorse disponibili per rispondere a tutto. Eppure quando uno scende sotto la fascia del bisogno deve trovare una risposta da parte del pubblico, soprattutto se dall’altra parte ci sono soggetti disponibili a fornire una risposta attiva. Cioè a dire: “Scommetto che insieme ce la faremo a superare un momento di difficoltà”. Evitando così a quella persona di entrare nel novero di chi ha bisogno dei servizi sociali della città, perché è scivolato sotto la fascia di povertà.



Quali sono le nuove risposte che, in un’ottica sussidiaria, sono state ideate per venire incontro ai nuovi poveri?

Intanto, la Fondazione ha disegnato un metodo che è quello sussidiario, e che non consiste nel creare nuovi sportelli o strumenti, ma nel creare un sistema di accreditamento molto leggero. In pratica, chiediamo a chi già oggi si occupa di assistenza alle povertà cittadine di essere il terminale operativo e quindi in quanto tale colui che incontra il bisogno e si fa garante morale delle famiglie che presenta alla Fondazione, accompagnandole lungo tutta la fase del percorso di richiesta e di restituzione del credito. Mettendo quindi in moto in modo sussidiario coloro che vivono a stretto contatto con il maturare dei bisogni della città. Il principale strumento della Fondazione è quello del microcredito.

Ed è rivolto in primo luogo a favorire i bisogni delle famiglie di fronte a difficoltà che nascono da malattie, disoccupazione e crisi economica, con tassi di interesse vantaggiosi e una durata nella restituzione che permetta la sostenibilità da parte di tutti. Ma ci rivolgiamo anche a coloro che vogliono avviare nuove iniziative di auto-imprenditorialità, per offrire loro il finanziamento iniziale necessario, sempre a tassi vantaggiosi e con una restituzione nel lungo periodo. Il terzo passaggio a cui la Fondazione vuole dare vita è quello di essere invece punto di riferimento per promuovere nuove forme di mutualità. Recuperando, su proposta dei sindacati, la tradizione ottocentesca delle società di mutuo soccorso, cioè di una mutualità rivolta aperta a tutti, che permetta di rispondere, attraverso il risparmio individuale, ai bisogni che la famiglia e le persone incontrano a Milano.

Qual è il valore del coinvolgimento di istituzioni, Camera di Commercio e sindacati in un unico progetto come la Fondazione?

Dentro la crisi c’è una spinta all’isolamento delle persone, per cui ognuno si ripiega su se stesso, e riaffiorano forme di egoismo e di difficoltà a mantenere quella virtù che invece è la relazione tra un io e gli altri che nella società è determinante per fare crescere momenti di solidarietà e di sviluppo. Le istituzioni hanno colto lo spunto per dire: “Mettiamoci assieme per scommettere sul positivo, per dare un’indicazione alle persone in un gioco di squadra in risposta ai nuovi bisogni che si pongono, anche sostenendo il positivo che c’è”. E’ da qui che è nata l’idea di dare vita assieme alla rete degli sportelli con le organizzazioni sindacali, il terzo settore e le istituzioni. Per mandare un messaggio alle persone: “Milano apprezza il fatto che tu sia qui, che fai parte di questa comunità e quindi si muove per aiutarti”.

Perché come soluzione al disagio sociale di Milano avete pensato al microcredito?

In questo c’è stata un’intuizione importante: questa crisi ha dentro un legame, come ha detto anche l’arcivescovo Angelo Scola nell’incontro con le forze economiche, tra quello che era il compito della finanza e il modo con cui quest’ultima lo ha svolto. La finanza dovrebbe sapere coniugare in modo sostenibile il presente con il futuro. Questa crisi nasce dal fatto di avere sfidato e rotto questa regola della sostenibilità tra presente e futuro. Il microcredito è invece un modo per ritornare a legare presente e futuro nel rispondere ai bisogni e nello scommettere sulle relazioni con l’umano, nel senso di essere in rapporto ai bisogni concreti e reali e non soltanto con quelli speculativi.

(Pietro Vernizzi)