“Fondere Trenord e Atm in un’unica società migliorerà la qualità del sistema dei trasporti in Lombardia. Pullman e treni non vanno concepiti come servizi in competizione tra loro, ma vanno collegati il più possibile per favorire il viaggiatore che deve utilizzare entrambi”. Ad affermarlo è Roberto Zucchetti, presidente del gruppo CLAS, attivo nella valutazione delle grandi infrastrutture dei trasporti, che interviene così nel dibattito in corso sul futuro dei mezzi pubblici in Lombardia. A chi paventa la creazione di un monopolio, Zucchetti ribatte che nei trasporti la concorrenza è soltanto un’astrazione, mentre il vero obiettivo deve essere la fissazione di parametri qualitativi e la verifica del loro raggiungimento da parte di una società privata.
Come valuta un’eventuale fusione tra Trenord e Atm?
Sono favorevole alla fusione. Ciò verso cui dobbiamo andare sono delle grandi imprese che integrino trasporti su rotaia e su strada, per evitare che questi due settori continuino a vivere in competizione tra loro. Il modello concreto cui dobbiamo guardare è l’operazione che ha portato alla nascita di Trenord, fondendo la divisione regionale di Trenitalia e le Ferrovie Nord. La Regione Lombardia, e in particolare l’assessore Raffaele Cattaneo, hanno avuto un grande coraggio nello sfidare il tabù che considera le aziende pubbliche come un sinonimo di mancanza di efficienza. I fatti stanno dando ragione all’assessore: Trenord sta producendo ottimi risultati e c’è un netto miglioramento del servizio. E il motivo è che si è preso il meglio di entrambe le società, conseguendo una dimensione aziendale da cui si traggono solo dei vantaggi.
La parola magica sembra essere quindi l’integrazione…
Noi veniamo da una tradizione dove la pubblica amministrazione ha ragionato in modo molto settoriale: lo Stato si occupava delle ferrovie, le Province degli autobus interurbani e i Comuni di quelli urbani. Ma i cittadini si spostano sempre di più su una scala regionale, e ragionare per compartimenti stagni quindi non funziona. La prima cosa da fare è creare una programmazione unitaria dei trasporti.
Quali sarebbero le conseguenze positive?
La nostra attuale impostazione, che risale all’immediato Dopoguerra, produce un’elevata frammentazione delle imprese dei trasporti: a livello nazionale sono circa 1.200. Ma la società italiana oggi è cambiata e ha sempre più bisogno di una spiccata integrazione delle reti. Sarebbe quindi un fatto positivo se aziende come Atm, che rispetto al panorama europeo sono piccole, si fondessero con altre società. Si creerebbe così un patrimonio di conoscenze, capitali e risorse in grado di offrire le risposte che si aspettano i pendolari.
Per quale motivo è contrario alla concorrenza nel settore dei trasporti?
La teoria economica riconosce che il trasporto pubblico locale non si può mettere a concorrenza come qualsiasi altro bene, perché costituisce un monopolio naturale. E’ impensabile per esempio che a Milano ci siano più aziende che contemporaneamente gestiscono i tram. Immaginiamoci per esempio se lo stesso abbonamento valesse su alcune linee, gestite da una società, ma non su altre.
Ma perché non mettere a gara ciò che oggi è gestito in modo esclusivo da Atm?
Per almeno tre motivi. In primo luogo, nessuna altra società ha in deposito tanti autobus quanti ne servono per l’intera Milano: chi battesse Atm nella gara pubblica, poi dovrebbe utilizzare i suoi stessi mezzi. E lo stesso vale per il personale: non si possono sostituire tutti i dipendenti dell’azienda dei trasporti. In terzo luogo, i lavoratori hanno dei contratti collettivi pluriennali. Tutta questa concorrenza quindi non si capisce dove possa stare, se non nelle teste di qualche economista.
Lei quindi che cosa propone?
Di utilizzare la concorrenza nel solo modo in cui è possibile nel settore dei trasporti: chiedendo cioè a una società privata di monitorare i risultati di Atm e Trenord, per costringere le due società a conseguire standard qualitativi molto elevati. Il piano di sviluppo ferroviario della California per esempio prevede nel dettaglio le misure di efficienza e i valori che devono essere ottenuti nella gestione del servizio. L’ente pubblico, se da un lato affida la gestione a una sua azienda, dall’altra deve assegnare a un osservatore esterno il controllo dei risultati, in modo da poter contestare alla dirigenza il mancato raggiungimento di determinati obiettivi.
A Londra però esiste una concorrenza tra più operatori…
Gli inglesi hanno pagato la concorrenza a così caro prezzo e sulla loro pelle, che ora in molti hanno cambiato idea. Il modello britannico è stato smontato dolorosamente dagli incidenti ferroviari e dal fatto che la privatizzazione dei trasporti su rotaia ha portato nel giro di pochi anni al crollo della qualità del servizio. Diverso è il discorso se utilizzassimo le gare pubbliche con una ben altra accezione.
E cioè?
Progettando l’intero sistema dei trasporti, facendolo funzionare e poi decidendo di affidarne uno o più lotti a delle società private. Imponendo però a quest’ultime di operare con gli orari di servizio, i mezzi di trasporto e le caratteristiche stabilite dall’Atm. E’ quindi una subfornitura, e non un pezzo del sistema dei trasporti assegnato in concorrenza a una società che mette in gioco la sua libertà imprenditoriale per offrire il servizio come lo ritiene più opportuno. Altrimenti la conseguenza inevitabile è la disomogeneità del sistema dei trasporti e chi finisce per rimetterci è il viaggiatore. Atm mette già in atto da tempo la subfornitura alle imprese private. La concorrenza inoltre può essere messa in atto nella gestione del materiale rotabile, con società che possiedono autobus e treni e li forniscono in leasing, curandone la manutenzione.
Nei trasporti ferroviari quindi la concorrenza non è possibile?
Ma quale azienda viene a offrire un servizio ferroviario su binari che non sono i suoi, dove il suo treno si deve fermare al segnale gestito da un’altra società? Il sistema dei trasporti è una realtà così integrata, che l’idea di applicarvi la concorrenza è un’idea del tutto astratta e impossibile da realizzare. Tanto vale quindi prenderne atto, impostando un’azienda pubblica efficiente sulla base di obiettivi di benchmark come la puntualità dei treni.
(Pietro Vernizzi)