C’era una volta il Sessantotto. I ragazzi sfilavano nei cortei, chiedevano l’emancipazione, pretendevano il 18 politico. E contestavano un certo tipo di famiglia, quella tradizionale, in cui non riconoscevano l’autorità e il ruolo delle generazioni precedenti. Quarant’anni dopo, sono quei ragazzi a essere diventati “la generazione precedente”. Il loro, per dirla con le parole di Mario Gecchele, professore associato alla facoltà di scienze dell’educazione dell’Università degli studi di Verona, è “un ruolo emergente”. Perché non solo hanno quell’autorità da patriarchi che da giovani disconoscevano nei loro avi, ma si trovano, loro malgrado, ad essere il perno centrale intorno al quale ruota la famiglia moderna.
Che è fatta di uomini che lavorano, di donne che lavorano (e non sempre per soddisfare le loro aspirazioni carrieristiche) e di bambini che, se non ci fossero quegli ex sessantottini a far loro la guardia, crescerebbero “parcheggiati in mani aliene”. Per fortuna ci sono i nonni, però. Si occupano dei nipoti, vanno a prendere a scuola, li aiutano con i compiti, li portano a nuoto e a basket, cucinano per loro, fanno la spesa e magari stirano pure qualche camicia. Senza contare le “missioni burocratiche” in Comune, Inps, Asl, la cura del cane o del gatto. I nonni, insomma sono preziosi. Per l’esattezza, valgono 50 miliardi di euro all’anno, se si vuole prestar fede ai conti fatti dalla Camera di Commercio di Milano, che si è cimentata a calcolare il risparmio per le famiglie derivati dall’aiuto degli anziani. Secondo l’ente camerale, si tratta di 200 euro al mese a famiglia.
Secondo noi, che viviamo in Lombardia e sappiamo bene che a meno di 10 euro l’ora non si trova nessuna baby sitter disposta ad accollarsi i nostri pargoli, gli euro sono molti di più: almeno il triplo. Più quei 10 miliardi di euro l’anno, sempre stando ai conti della Camera di Commercio milanese, tra mance, regali, sovvenzioni. E prestiti con rimborso, è il caso di dirlo, “a babbo morto”. E in cambio di tutto questo? A parte l’amore dei nipoti e la riconoscenza – almeno si sapeva – dei figli, poco altro. Giusto per ringraziarli, una festa, quella del 2 ottobre, che il calendario, guarda caso, segnala come dedicata ai SS. Angeli Custodi, e che dal 2005 la Legge 159 dedica ai nonni.
“Una festa – come l’ha definita il presidente della Regione Lombardia – per aiutare la società a comprendere più nel profondo il rapporto nonni-nipoti, un rapporto che arricchisce. Ed è anche una festa di ringraziamento per quello che fanno tutti i giorni per la famiglia. L’obiettivo della festa è appunto quello di sensibilizzare la società lombarda a recuperare e approfondire il rapporto tra nonno e nipote, nella prospettiva di considerare il nonno non come un problema, ma come una risorsa”. Il 92% degli 1,8 milioni di nonni lombardi, infatti, ha rapporti costanti con i nipoti, il 78% di loro si prende cura con regolarità dei nipoti e il 15% contribuisce alle spese della famiglia. Anche per questo, il welfare lombardo ha un occhio di riguardo per la terza età, una delle categorie maggiormente penalizzate dalla crisi economica.
“In Lombardia la pensione media di vecchiaia è attorno ai mille euro mese. Il ricovero in RSA – residenza sanitaria assistita, ndr. – non costa meno di mille e duecento. E’ questa una delle contraddizioni del nostro sistema di welfare che funziona per le condizioni normali ma va in crisi di fronte a situazioni particolari come la caduta in condizioni di non autosufficienza”. L’assessore alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale della Regione Lombardia Giulio Boscagli, è tranchant: “Il sistema così com’è cresciuto nel tempo non è più adeguato né sostenibile: le situazioni particolari sono destinate a crescere negli anni e il fenomeno è già abbondantemente in corso. L’aumento dell’aspettativa di vita porta con sé l’aumento della cronicità e delle conseguenti malattie e disabilità, il che significa l’emergere di nuovi bisogni”. Così, la Regione Lombardia negli ultimi anni ha ripensato completamente la propria politica a favore degli anziani, introducendo nuovio servizi e ampliando il ventaglio delle possibilità di assistenza. Col Pronto Servizio Anziani, per esempio, il telefono amico che Auser Regionale Lombardia e l’Assessorato alla Famiglia, Conciliazione Integrazione e Solidarietà Sociale di Regione Lombardia hanno messo in campo per rispondere ai bisogni inespressi di anziani e famiglie.
Al numero verde 800.995.988, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, i nonni possono non solo uscire dalla solitudine, ma anche ricevere informazioni sui servizi sociosanitari e socio-assistenziali, segnalare diritti negati o abusi subiti, chiedere il disbrigo di pratiche burocratiche, ottenere visite a domicilio per compagnia, consegna dei pasti, accompagnamento alle visite mediche, alla posta, in banca, ricevere informazione sulle possibilità di svago nei centri sociali, sui corsi per la terza età, sulle iniziative turistiche.
E persino richiedere l’intervento di un idraulico o di un elettricista d’urgenza. Poi c’è la Carta Regionale di Trasporto agevolata, che a un costo irrisorio (che dipende dal reddito, dall’età e dalle condizioni di salute) consente di viaggiare su tutta la rete del trasporto pubblico lombardo: autobus urbani e interurbani, tram, metropolitana, treni suburbani e regionali di seconda classe, funivie, funicolari e battelli sul lago di Iseo.
E ancora: il Buono sociale, un contributo, fissato dai comuni associati nei Piani di Zona, finalizzato prevalentemente al sostegno della domiciliarità, e il Voucher sociale, un buono acquisto per prestazioni professionali di natura sociale presso agenzie pubbliche o private accreditate, come ad esempio aiuto per la preparazione di pasti, per la pulizia della casa o per l’igiene personale o, ancora, un servizio di trasporto. Poi, novità introdotta nel 2003 per offrire al cittadino libertà di scelta, il Voucher sociosanitario, aggiuntosi alle forme tradizionali di Assistenza domiciliare integrata (Adi) per offrire prestazioni sanitarie abbinate a quelle socio-assistenziali: anche qui, si tratta di un buono che consente di comprare da soggetti accreditati prestazioni di assistenza socio-sanitaria integrata (l’igiene personale, l’alimentazione e la mobilizzazione, ecc..) svolte da personale professionalmente qualificato. Accanto al Voucher sociosanitario, nel 2008, è stato introdotto il Credit sperimentale, per erogare a domicilio prestazioni esclusivamente sanitarie (infermieristiche, riabilitative, ecc..).
“Responsabilità personale, valorizzazione dei soggetti associativi di base, sussidiarietà concreta – conclude Boscagli – sono uno stimolo per mettere a punto il ruolo pubblico non più come gestore unico nel welfare ma come regolatore e garante della qualità, nella direzione di un progressivo spostamento dei finanziamenti ‘dall’offerta alla domanda’, affinché il cittadino sia messo in condizione di scegliere responsabilmente per se stesso e per i propri famigliari”.