L’obiettivo è altisonante: “Realizzare una nuova economia fondata sull’equità”. Nelle parole del Direttore Generale del Comune di Milano, Davide Corritore, c’è un’idea che, al netto della pomposità retorica (dietro alla quale potrebbero intravedersi fantasmi per nulla tranquillizzanti), merita di essere messa sotto la lente d’ingrandimento. L’idea, cioè, di mettere in riga i furbetti dei benefici pubblici, quelli che ogni anno (a Milano come in ogni parte d’Italia) incassano quattrini e servizi pubblici senza averne diritto. O, per lo meno, avendo meno diritti di altri. Agevolati in questo da uno strumento di controllo delle capacità economiche della famiglia, il famoso Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE), che appare sempre meno adeguato a raggiungere l’obiettivo, appunto, dell’equità. 



Il Comune di Milano sta allora studiando un nuovo strumento di nome “equometro”, che nelle intenzione dovrà scremare la platea dei beneficiari degli aiuti pubblici (case popolari, assegni di sostegno al reddito e al nucleo famigliare, rette di varia natura). L’obiettivo di equità si raggiungerebbe però soltanto ad una condizione: che quel che si risparmia riducendo i beneficiari venga “spalmato” sugli effettivi benefici. Altrimenti il nome migliore dovrà essere un altro: “risparmiometro”.  



In attesa di scoprire quale obiettivo reale verrà raggiunto, proviamo a capire di cosa si tratta. Il nuovo strumento, secondo quanto annunciato da Corritore, introduce, rispetto alla certificazione Isee attualmente usata per l’accesso ai servizi, una serie di elementi di controllo sullo stile di vita della famiglia richiedente, come ad esempio la presenza di abbonamenti alla pay tv, a palestre e centri benessere, a teatro e così via. Tutte spese superflue, secondo la logica seguita dal Comune di Milano, che mal si attagliano alle possibilità economiche di una famiglia in condizione di disagio economico. A questi elementi si aggiungeranno poi analisi incrociate per valutare i valori mobiliari e immobiliari, i titoli di credito, le cassette di sicurezza, i movimenti sul conto corrente. 



Fin qui l’annuncio. Come valutare questa proposta, in attesa di saperne di più? Milano segue a ruota analoghe iniziative, nate a Reggio Emilia e nella Regione Emilia Romagna negli ultimi tempi. Un modo semplice per provare a dare efficienza ad una spesa sociale che, falcidiata dai tagli tremontiani, si trova esangue a dover affrontare una situazione sociale sempre più complicata dagli effetti di medio periodo della crisi. 

Il tentativo in sé deve essere sicuramente guardato con interesse. Il rischio è però quello di esagerare nell’intento, colpendo in modo troppo profondo in particolare sul tema degli stili di vita. Il problema di fondo è infatti legato alla tentazione (ideologicamente giacobina) di eccedere in un atteggiamento censorio, “criminalizzando” comportamenti di consumo che rappresentano invece autentici “beni rifugio psicologici” per molte famiglie in difficoltà. Beni non necessariamente costosi, che permettono però alle famiglie di diminuire il sentimento di esclusione sociale che vivono a causa delle precarie condizioni economiche. Perché, ad esempio, mettere sotto osservazione eventuali abbonamenti a pay tv, il cui costo è ormai assai ridotto?
Certamente è un consumo “tracciabile”, ma non è il più significativo per acciuffare i furbetti. Molto meglio sarebbe registrare il valore di altri beni mobili, come il tipo di automobile posseduta, i prodotti di elettronica di largo consumo posseduti, e così via.

Ma al di fuori del capitolo consumi, sarebbe sicuramente più utile introdurre, come accade nel caso della Provincia di Trento con l’Indicatore di Condizione Economica Famigliare, sistemi di verifica informatica capace di conteggiare nell’ambito del reddito non soltanto l’imponibile IRPEF, ma anche l’intero ammontare di tutti i trasferimenti fiscalmente esenti (come ad esempio l’assegno di maternità e l’assegno famigliare). Una strada, quella dell’incrocio tra le varie banche dati esistenti ai vari livelli istituzionali, che aprirebbe un cammino assai interessante per raggiungere una vera giustizia distributiva. Senza rischiare di avventurarsi troppo sul terreno, sempre scivoloso, della valutazione sugli stili di vita.