“Prima di inventarci nuove tasse come la congestion charge, controversa anche dal punto di vista del principio di equità, sarebbe opportuno iniziare ad applicare davvero il Codice della strada, a partire dalle multe per il divieto di sosta. Non a caso, l’Economist ha definito Milano la capitale delle auto in doppia fila”. Ad affermarlo è Marco Ponti, ordinario di Economia dei trasporti al Politecnico, intervistato da Ilsussidiario.net sul provvedimento adottato dalla giunta Pisapia. A partire dal 16 gennaio tutte le auto che entreranno nel centro urbano (ribattezzato “zona C”) saranno costrette a pagare 5 euro. Una tassa nei confronti della quale Carlo Masseroli, capogruppo del Pdl in consiglio comunale, ha proposto di indire una class action.
Professor Ponti, lei è favorevole alla congestion charge introdotta da Pisapia?
Quella sulla tassa d’ingresso a Milano è stata una vicenda molto tormentata, che ha richiesto grandi dibattiti e la costruzione di un consenso piuttosto faticoso. E ancora oggi rimangono dei settori della società fortemente contrari. Prima di introdurre nuove regole, mi sarei quindi impegnato a fare rispettare quelle che esistono già, un punto rispetto a cui l’amministrazione precedente non ha fatto granché. L’Economist ha definito Milano la capitale mondiale della sosta in doppia fila, ed è la pura verità.
Intende dire che i furbi esistono solo a Milano?
Se uno prova a lasciare l’auto in doppia fila a New York, nel giro di pochi secondi interviene il carro-attrezzi, e quindi nessuno osa “sgarrare”. Ciò che manca a Milano, e che esiste all’estero, è insomma la certezza della sanzione. A me è capitato di essere multato due volte, a New York e San Francisco, e poi non ho più osato trasgredire una sola regola regole. Questo è il passo avanti da compiere: fare rispettare le norme esistenti, o se non ci vanno bene cambiarle. E’ anche un modo per dare un segnale di civiltà: significa che le regole non valgono solo per i “fessi” ma per tutti, e questo diventa un disincentivo per chi attraversa con il rosso o compie trasgressioni anche più pericolose.
Lei insomma auspica un atteggiamento punitivo nei confronti degli automobilisti?
No, tanto è vero che gli Usa sono il regno dell’automobile molto più di noi, ma le autorità sono spietate con chi non rispetta le regole. E questo non per una sorta di accanimento nei confronti delle auto, ma per fare in modo che il sistema automobilistico e stradale funzionino bene. Il rispetto del Codice della strada a Milano invece non è degno di un Paese civile.
In un’intervista a Repubblica, lei ha dichiarato: “L’area C assomiglia molto alla città murata medievale. C’è un’ingiustizia radicale in quell’anello”. Che cosa intendeva dire?
Per esempio che nell’area centrale si danno molte più multe che altrove perché i vigili si concentrano tutti in quella zona, lasciando sguarnite le altre. Tanto è vero che i residenti del centro si lamentano, e questo è l’effetto concreto dell’avere creato una “città murata”. Ma soprattutto, i nostri amministratori sembrano dimenticare che la congestione è un fenomeno che non riguarda solo il centro di Milano. Basta pensare alle tangenziali e alle autostrade nelle ore di punta: il traffico è terribile. Con la congestion charge, molte di queste auto si fermeranno nelle aree di sosta esterne alla “città murata”. Sarebbe preferibile quindi imitare il modello tedesco, basata su un sistema satellitare che colpisce il traffico ovunque si manifesti. Grazie a un dispositivo in dotazione a tutti i tir, i camionisti sono avvertiti del fatto che se viaggiano su una certa direttrice nelle ore di punta pagano perché è molto trafficata. Quindi con questi segnali di prezzo si inducono i veicoli o a cambiare ora o a cambiare itinerario, producendo dei grandi benefici collettivi.
Ma è giusto fare pagare tutte le auto, e non soltanto chi inquina?
Le auto più inquinanti avvelenano tutti e accelerano i cambiamenti climatici. E’ quindi giusto che paghino, e che si utilizzino i ricavi per compensare chi ne riceve un danno o, se ciò non è possibile, migliorare i trasporti pubblici. L’errore è però quello di volere applicare lo stesso provvedimento alle auto elettriche, i cui conducenti se restano incolonnati nell’ora di punta producono un danno soltanto a se stessi. E’ il cosiddetto concetto dell’”esternalità di club”.
E sarebbe?
Il premio Nobel americano, James McGill Buchanan, ha elaborato la sua teoria economica a partire dagli effetti, positivi o negativi, provocati sulla vita di un individuo da un altro soggetto. Buchanan le ha definite “esternalità”, sostenendo che ogni volta che si verificano, lo Stato deve intervenire per chiedere che chi le provochi paghi una somma.
E quindi?
E quindi, a partire da questa teoria, l’Ecopass della Moratti era più equo della congestion charge di Pisapia, perché con il nuovo provvedimento paga anche chi non inquina. I soldi pagati con la nuova tassa andranno quantomeno restituiti agli automobilisti sotto forma di servizi. In Svezia per esempio quando è stata introdotta la congestion charge, sono stati messi dei grandi cartelli sui quali era scritto: “I soldi che pagate vi saranno restituiti con il miglioramento della rete stradale”. Questo è un principio importante, e andrebbe ribadito anche a Milano.
In che modo si potrebbe migliorare la rete stradale milanese?
Uno degli effetti principali del traffico è che le auto, continuando a fermarsi e a ripartire, emettono molti più inquinanti. Occorrerebbe quindi individuare un obiettivo di congestione, in modo che il traffico sia ragionevolmente fluido. Una volta raggiunto il numero di auto compatibile con le strade di Milano, è necessario puntare a migliorare le condizioni di deflusso, cioè perfezionare la rete stradale in modo da ridurre l’inquinamento.
Qualcuno ha addirittura proposto di costruire un tunnel sotto Milano …
Io sono favorevole, anche perché con un pedaggio sarebbe possibile ripagarne i costi di costruzione. Non dimentichiamoci che le metropolitane devono essere realizzate con fondi pubblici e che le possibilità di rientrare dalle spese sono molto scarse. Al contrario, le esperienze internazionali dei tunnel stradali a pagamento documentano che bastano alcuni anni dalla loro inaugurazione per ammortizzare i costi e garantire delle fonti di introito per le amministrazioni. Marsiglia e Oslo, che sono i due esempi maggiori di tunnel stradale sotto a una città, lo dimostrano.
(Pietro Vernizzi)