Il documento della Compagnia delle Opere di Milano in occasione del primo Forum Cittadino delle Politiche Sociali del Comune di Milano. Alcune proposte delle Opere Sociali: il testo del documento.

Chi siamo e cosa ci muove
Le Opere Sociali della CdO di Milano sono impegnate – anche in convenzione con la pubblica amministrazione – nella gestione di numerose attività, servizi e progetti a favore di minori, adulti e famiglie in difficoltà: attività educative e di sostegno allo studio, centri di aggregazione giovanile, centri diurni per minori autori di reati, comunità di accoglienza per minori, alloggi per mamme sole, padri separati, ex-detenuti, adulti e famiglie in difficoltà, centri di ascolto, servizi di distribuzione pasti, alimenti e generi di prima necessità, percorsi di integrazione e scuole di italiano per immigrati, esperienze di affido famigliare, accompagnamento di detenuti dentro e fuori le carceri, servizio dei custodi sociali, assistenza domiciliare minori e molto altro.
Hanno spesso un’origine comune: nate come tentativo spontaneo di alcune persone di rispondere ai bisogni incontrati, sono cresciute nel tempo, fino a diventare organizzazioni dotate di una specifica forma giuridica (associazione, cooperativa sociale, fondazione, ecc.)



Possiedono alcune caratteristiche comuni: prima di essere un servizio sono un’occasione di incontro tra persone, tra chi chiede un aiuto e chi è disposto ad aiutare; al centro di ogni opera c’è, comunque, ciascuna persona. Sono inoltre esperienze visibili, radicate e incontrabili in uno specifico luogo o quartiere, capaci di collaborare con tutte le realtà presenti nello stesso territorio (scuole, parrocchie, servizi pubblici, gruppi di cittadini, ecc.).



Ancora oggi ciò che garantisce la loro esistenza, prima ancora dei necessari sostegni economici e delle indispensabili risorse strutturali, sono la passione delle persone coinvolte come volontari e operatori e la loro capacità di tenere vivo e di alimentare il desiderio di bene che stava all’origine di ogni opera.
Questo desiderio di bene nasce dalla coscienza di un bene ricevuto grazie all’esperienza cristiana. La carità costituisce l’origine e l’autenticità delle nostre opere. Ogni volta che vengono meno questa esperienza e questa coscienza, ci accorgiamo che l’opera diventa sterile.



Come ci poniamo di fronte alla crisi
La crisi c’è e si manifesta con evidenza: da una parte cresce in maniera preoccupante il numero delle persone che ci chiedono un aiuto e si manifestano nuove forme di povertà (ad esempio per l’improvvisa perdita del lavoro o per le separazioni dei coniugi), dall’altra calano vistosamente le risorse economiche pubbliche destinate a prevenire e contrastare i problemi sociali e ad affrontare e i bisogni materiali delle persone (di recente sono state pubblicate le tabelle che riepilogano i tagli degli stanziamenti complessivi dei fondi sociali nazionali: dai 1.549 milioni di euro del 2007, ai 339 milioni del 2011, fino ai 144 milioni previsti per il 2013!).
Molte nostre opere sono state costrette a ridimensionare le proprie attività e abbiamo notizia della chiusura di alcuni servizi gestiti dalle nostre organizzazioni.
Di fronte a questa realtà non ci lasciamo vincere dallo sconforto, né ci abbandoniamo ad una scomposta lamentazione, né tantomeno ci orientiamo al disimpegno. Al contrario, è proprio in un momento come questo, di fronte a questa realtà, che ci sentiamo chiamati ad un maggiore impegno, per la sperimentazione di risposte innovative e la ricerca di nuove soluzioni per il bene comune nella nostra città.
Siamo mossi da una speranza e una certezza: la positività ultima della vita, che si manifesta anche e soprattutto attraverso le circostanze più difficili.

La crisi come opportunità
Il tempo di crisi che stiamo vivendo è anche tempo di opportunità, perché ci costringe ad approfondire le ragioni che ci muovono, sia personalmente, che come opere o istituzioni. Oggi più che mai è opportuno e necessario cercare insieme e condividere il metodo migliore per far fronte ai bisogni di tante persone e famiglie che da questa crisi sono colpite. Noi ci siamo, e siamo a disposizione degli amministratori della nostra città per condividere questo impegno.

Siamo convinti che il bene comune per le persone e le famiglie milanesi può nascere solo a partire dalla capacità di guardare, conoscere e riconoscere quello che molte opere della nostra città stanno già facendo.
E’ altresì necessario valorizzare e sostenere tutte le opere che sono nate e nascono dalla libera iniziativa delle persone, per la realizzazione del bene comune, in altre parole lavorare per la piena applicazione del principio di sussidiarietà, nell’accezione espressa dalla Dottrina Sociale della Chiesa: “Come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori ed inferiori comunità si può fare […] perché è l’oggetto naturale di qualsiasi intervento nella società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium) le membra del corpo sociale, non già di distruggerle e assorbirle.”
Bisogna pertanto superare la logica e il meccanismo, ancora troppo diffuso, della esternalizzazione dei servizi da parte del Comune e creare regole “aperte e leggere”, che rendano possibile la sperimentazione di nuove risposte ai bisogni delle persone e delle famiglie.

Come tutte le strutture, anche i servizi pubblici hanno bisogno di ripensare la propria ragione di esistere: sempre più ci appare evidente che la rete di servizi alla persona dovrà vedere la partecipazione paritaria di strutture pubbliche e private, profit e non profit. L’amministrazione comunale ha compiti fondamentali nel programmare e valutare i servizi forniti, verificandone la qualità e l’efficacia, anche in relazione ai costi necessari per il loro funzionamento, affinché le risorse disponibili vadano sempre più direttamente alle persone bisognose.

Noi, indipendentemente dalle decisioni della politica, continueremo a fare ciò che sentiamo come una urgenza che la realtà ci pone davanti. Faremo ciò che è possibile, con le forze e le risorse che abbiamo. Chiediamo di poter condividere assieme agli altri operatori momenti di giudizio e di programmazione, senza creare nuovi organismi di rappresentanza, né appiattendo le specificità di ciascuna opera in un generico terzo settore, che ha compiti ben più vasti dei servizi di assistenza al bisogno.

Il metodo del 5 per mille ha indicato a livello nazionale un punto di innovazione valido per tutti, dare certezza ai pagamenti, destinare il 5% delle commesse e degli appalti di servizio pubblici alle cooperative sociali e affidare alle opere non profit la gestione degli immobili confiscati alle mafie o inutilizzati, possono essere un buon avvio per una nuova fase a Milano.