Milano. Il Ministero dell’Istruzione e la fondazione Ismu (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) hanno recentemente presentato il rapporto «Alunni con cittadinanza non italiana 2010-2011», da cui è emerso che gli stranieri tra i banchi delle scuole italiane sono sempre di più. Gli alunni stranieri in Italia sono 711 mila, cioè 37.454 in più rispetto all’anno scolastico precedente, dalle scuole d’infanzia fino agli istituti tecnici. Aumentano notevolmente anche i cosiddetti “G2”, cioè gli studenti di cittadinanza straniera nati in Italia, presenti all’80% nelle scuole d’infanzia e nelle elementari. Gli alunni romeni sono per il quinto anno consecutivo quelli più numerosi nelle scuole italiane (126.452), seguiti dagli albanesi (99.205) e dai marocchini (92.542).
La regione con più alunni stranieri in valori assoluti è proprio la Lombardia, con il 24,3% del totale di studenti (173.051) con cittadinanza non italiana, seguita dal Veneto, con l’11,9% (84.914 studenti), e l’Emilia Romagna con l’11,6% (82.634). Le province in cui risiedono più studenti stranieri sono Milano (64.934), Roma (52.599), Torino (33.920), Brescia (30.605) e Bergamo (20.961). Un dato interessante riguarda la scelta dell’indirizzo scolastico degli studenti italiani e di quelli stranieri: i primi prediligono i licei (43,9% contro il 18,7% degli stranieri), poi gli istituti tecnici (33,2% contro 38%) e infine quelli professionali (19,2% contro il 40,4% degli stranieri). Di tutt’altro avviso gli alunni stranieri, che preferiscono gli istituti professionali (62.080), quelli tecnici (58.340) e infine i licei (28.675). IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Alberto Bonfanti, docente di Storia e Filosofia alle superiori e Presidente dell’Associazione Portofranco Milano Onlus: «Questi dati non mi stupiscono molto, perché sia nel liceo in cui insegno sia nell’osservatorio di Portofranco vedo chiaramente questa crescita di alunni stranieri, e questa è una sfida per noi professori ed educatori di un confronto leale e sincero con loro. Ci sono molti ragazzi che sono nati in Italia e che da un certo punto di vista si sentono italiani, e credo ci sia anche una buona percentuale di persone nata in Italia, ma che poi nel’età scolare è stata riportata nei paesi di origine per seguire le tradizioni, per poi tornare nell’età scolare superiore in Italia. A Portofranco vediamo tantissimi ragazzi di 14-15 anni venire inseriti nelle classi superiori senza sapere una parola di italiano, che però sono nati per esempio a Sesto San Giovanni. La sfida è proprio quella di educare questi ragazzi esattamente come qualsiasi altro ragazzo italiano, anche se per quelli stranieri la lingua rappresenta una difficoltà enorme, uno scoglio insormontabile soprattutto nelle scuole superiori che spesso non offrono grandi aiuti ma solo qualche sporadico corso. Inoltre c’è tutto quel confronto con una cultura e una tradizione che non è la loro, ma su questo vedo che tutti i ragazzi hanno il desiderio di confrontarsi con la tradizione italiana, che noi dobbiamo proporre e insegnare a persone di qualsiasi origine». Alberto Bonfanti ci spiega poi che «la Lombardia offre grandi possibilità e spesso è la meta principale per gli stranieri, che notano le grandi possibilità esistenti sia a livello di istruzione sia a livello lavorativo. Inoltre la tradizione lombarda ha questa grande capacità di integrazione e di confronto con chiunque, e questo è un dato significativo che va in controtendenza con tutti quei discorsi ideologici sulla presunta intolleranza dei lombardi.



Anche la scelta degli istituti professionali non è casuale: da una parte gli stranieri capiscono che c’è una maggiore facilità per quanto riguarda l’impatto culturale, ma dall’altra si tratta di gente molto concreta, che guarda realmente a una possibilità di lavoro immediata, mentre spesso gli italiani si convincono che il liceo è l’unica strada da seguire. Da questo punto di vista vedo tantissimi stranieri che all’inizio hanno un impatto con la nostra scuola particolare, soprattutto quelli di origine araba, che spesso prendono la nostra scuola alla leggera, ma in molti c’è una grande voglia di fare, di riuscire, che fa molto riflettere rispetto ai tanti studenti italiani che vivendo nel benessere da tutta una vita non possiedono. Portofranco va incontro a questi ragazzi nello stesso modo in cui va incontro a quelli italiani, cioè aiutandoli a studiare in modo gratuito, senza avere un metodo particolare per i diversi giovani, ma cercando di favorire in tutti un impegno personale rispetto al proprio studio e la propria vita. Vedo che poi questo porta i suoi frutti perché, oltre alle differenze, ciascuno  ha il desiderio di conoscere e di essere felice. Ho tanti esempi veramente significativi, come quello della ragazza egiziana arrivata in Italia ormai quasi nove anni fa: il padre era egiziano e la madre marocchina, e dopo la separazione il padre l’ha riportata in Egitto, ma a 14 anni lei si è imposta ed è venuta a Milano senza sapere una parola di italiano: in breve tempo si è diplomata, ha frequentato l’università Cattolica, si sta laureando e sta facendo uno stage. Questo è proprio il classico esempio di una giovane che fino all’ultimo ha voluto integrarsi e realizzare qualcosa di bello per sé e per il suo popolo. Poi c’era un altro ragazzo che frequentava una di quelle bande giovanili di egiziani che si contrappongono a quelle latinoamericane che frequentano soprattutto la zona di piazzale Loreto. Una volta entrato in contatto con Portofranco e vedendo il clima che si respirava da noi, piano piano ha deciso di cambiare la sua vita: con un po’ di fatica si è diplomato e ora è alla ricerca di un lavoro».



 

(Claudio Perlini)

 

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