La “rivoluzione Pisapia” alle prese con la difficoltà di governare. Ne è un sintomo la decisione di chiudere il diario intimo sul sito elettorale, con parole che esprimono la fase che sta attraversando il sindaco di Milano. Citando Lenin, Giuliano Pisapia confessa: “Ci eravamo dimenticati, quanto fosse difficile governare. Da vent’anni non eravamo noi, a farlo. Certo sapevamo che non esiste la bacchetta magica che risolve i problemi dall’oggi al domani, che è più facile criticare che fare e che la malattia infantile dell’estremismo è sempre in agguato”. Ilsussidiario.net ha intervistato Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione all’Università La Sapienza di Roma. Per l’esperto, “la chiusura del sito da parte di Pisapia è il sintomo di qualcosa che non aveva previsto e il segno di una sconfitta. Al sindaco consiglio di ripartire dalla parola che si fa azione, che è stata una delle carte vincenti della Chiesa nel corso dei secoli”.



Professor Morcellini, che cosa sta succedendo al “rivoluzionario” Pisapia approdato al governo della città?

Quello che sta attraversando è un problema che riguarda innanzitutto le culture di sinistra. Nella loro tradizione, la contestazione e il desiderio di cambiare le cose sono sempre più forti e unificanti delle scelte concrete. Altre volte nella vita politica italiana abbiamo visto quanto i leader politici di centrosinistra abbiano patito il passaggio dalla cultura degli ideali politici alla durezza della scelta.
Da questo punto di vista c’è davvero da meditare, perché il vero impegno della cultura politica non è quello di annunciare valori ideali, ma di compiere scelte anche dolorose e alternative. A questo si aggiunge una seconda difficoltà di Pisapia: è l’uomo che ha intercettato un disagio molto più ampio della base tradizionale del centrosinistra. E quindi a maggior ragione il passaggio dalla raccolta del dissenso alla sua trasformazione in consenso sarà dolorosissima e aspra.



In che cosa sta l’originalità politica di Pisapia?

Pisapia ha rappresentato una forma di gratificazione molto immediata della domanda politica. E’ stato un leader partecipato, anche contro i partiti, e quindi ha rappresentato un modello alternativo. Questo eccitato ulteriormente l’aspettativa nei confronti della sua possibilità di compiere scelte rivoluzionarie.

Come valuta la chiusura del suo sito?

E’ una sconfitta, o quantomeno un errore di valutazione, segno del fatto che il sindaco di Milano non è stato in grado di prevedere qualcosa. Quando uno chiude il suo sito elettorale, come ha fatto Pisapia, deve sempre sostituirlo.



E in che modo?

Accompagnando tutte le scelte a dosi massicce di comunicazione politica dal basso. Cioè sottoponendo alla sua base elettorale i motivi per cui le decisioni sono inevitabili, anche a costo di andare contro gli interessi sociali e politici di quanti lo hanno votato. Pisapia deve cioè promuovere quello che chiamerei un referendum comunicativo. Quella che gli occorre è una nuova piattaforma, non più elettorale ma di governo, per sottoporre l’azione amministrativa a un’”operazione trasparenza”.
Sulle linee di ispirazione di fondo del Comune di Milano, sarebbe logico che un sindaco carismatico come Pisapia si sottoponesse sempre a una verifica. Più trasferisci comunicazione e trasparenza sugli atti, più riduci l’opacità della politica. L’unica cosa che i cittadini non perdonano è il fatto di non essere messi al corrente delle scelte. La comunicazione quindi può diventare il primo gesto di una politica rinnovata.

Nonostante le difficoltà, Pisapia non ha perso la sua popolarità. Per quale motivo?

Pisapia parte avvantaggiato soprattutto per un motivo: è estremamente abile nella retorica politica, è un uomo capace di metafora ma anche in grado di parlare di problemi concreti. E’ un piccolo modello di riferimento per la politica locale italiana. E’ davvero un uomo interessante, anche se si trova di fronte a una prova di grande difficoltà. Proprio per questo motivo deve dimostrare di credere davvero nella comunicazione.

L’abilità comunicativa può essere usata anche per distorcere la realtà in modo ideologico e Lenin, citato da Pisapia, ne è stato un maestro …

La comunicazione cui mi riferisco io non ha nulla a che fare con l’ideologia, e consiste piuttosto nel credere che la parola, cui seguono le azioni, è il principale strumento della politica moderna e il vero antidoto all’antipolitica. Quest’ultima non è nient’altro che un attacco al verbalismo della politica, ma di fronte alle parole che poi diventano azioni perde forza. Sono parole che raccontano scelte progressive: da questo punto di vista dobbiamo reimparare la forza della comunicazione politica, non televisiva né unidirezionale.

 

(Pietro Vernizzi)