La settimana scorsa la giunta Pisapia ha deciso di revocare il Ppiano di governo del territorio che, lo scorso 4 febbraio, era stato approvato dalla precedente amministrazione comunale. La delibera, che è stata presentata da Lucia De Cesaris, assessore comunale all’urbanistica, è passata con 26 voti a favore, tre contrari e un astenuto. Il Pdl, Mariolina Moioli, Manfredi Palmeri (Fli) e Raffaele Grassi (Idv), invece, hanno perpetrato lo sciopero del voto in atto da alcune settimana. Il comune si è impegnato a proporne un altro in tempi il più possibile rapidi. In ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2012. Palazzo Marino, nell’illustrare le motivazioni della decisione, ha spiegato che il Pgt, così come è stato pensato, avrebbe condotto ad una cementificazione selvaggia, sottraendo all’amministrazione pubblica il potere di scegliere ciò che è più conveniente per il benessere della comunità. Come stanno realmente le cose? Lo abbiamo chiesto a Pierluigi Nicolin.
Perché questa inversione di rotta?
Mi sembra, in sostanza, che la marcia indietro sia stata motivata dalla necessità, più che altro, di mantenere fede alle dichiarazioni rilasciate in campagna elettorale.
Quali saranno le principali ripercussioni di una scelta del genere?
Non credo che, laddove la Giunta guidata da Pisapia dovesse giungere all’emanazione di un nuovo Pgt, questo sarebbe particolarmente differente da quello che avrebbero varato la giunta Moratti se fosse stata confermata alla guida dell’amministrazione comunale. Di conseguenza, quindi, il risultato della decisione di revocare il Pgt sarà semplicemente un significativo rallentamento dei lavori.
Quali effetti sortiranno tali ritardi?
Mi limito a constatare che la revoca del piano frenerà gli investimenti per ancora diverso tempo. E che lo farà in un periodo in cui a Milano il lavoro scarseggia e la crisi ha soffocato lo sviluppo. Occorre, inoltre, tenere presente che, a questo, si somma il fatto che, ad oggi, il Comune non è stato ancora in grado di metabolizzare i grandi interventi immaginati all’epoca di Albertini.
Non crede, in ogni caso, che vi saranno differenze nell’eventuale Pgt della giunta Pisapia?
Se ci saranno, consisteranno, al limite, in un abbassamento degli indici di edificabilità, i parametri che stabiliscono la densità abitativa consentita rispetto ad una determinata area edificabile, e in una correzione di alcuni meccanismi ritenuti, per certe aree, eccessivamente premiali.
L’assessore, Lucia De Cesaris ha detto che il Pgt avrebbe «spogliato il Comune dei suoi poteri di pianificazione» lasciando le scelte strategiche per il benessere della comunità in balia del mercato e dato luogo ad una cementificazione selvaggia. E’ così?
Direi proprio di no. Ribadisco, si tratta di dichiarazioni di carattere meramente politico, che fanno parte delle logiche interne agli schieramenti. In ogni caso, credo che il vero problema, per quanto riguarda l’urbanistica cittadina, sia un altro.
Quale?
In passato, con il vecchio Pgt, la città è stata data in mano agli immobiliaristi. Sono state realizzati interventi invasivi, e si è iniziato a realizzare delle enclave per ricchi senza che, tuttora, si sa se potranno essere portata a termine. Si è rivelato, inoltre, da parte delle amministrazioni precedenti, soprattutto dalla giunta Albertini, un atteggiamento provinciale nel convocare dei personaggi considerati star dell’architettura senza, tuttavia, avere la capacità di gestirle. Per questo, al di là del Pgt, credo che il vero problema consista nella gestione politica del edilizia urbana.
Quali sono, secondo lei, le caratteristiche cui il “nuovo” Pgt non potrà rinunciare?
Il Pgt approvato dalla giunta Moratti stabiliva che la città non debba più ampliarsi oltre ai propri confini, senza per questo rinunciare ad un’ottica di sviluppo. Può, infatti, continuare espandersi al suo stesso interno. Con una strategia, ad esempio, di sostituzioni edilizie che si estendano in altezza.